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Decreto crescita, Lamberto Mattei: “la posizione delle Regioni italiane evidenzia criticità da risolvere”

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Roma 10 giu 2019-  La Conferenza Unificata del 16 maggio ha “registrato” il parere delle Regioni e degli enti locali sul “Decreto Crescita”. Nel corso della Conferenza  le Regioni – si legge negli atti – hanno espresso il loro parere nei termini fissati da un documento (approvato dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome lo stesso 16 maggio) consegnato, sottolineando, in particolare, la contrarietà in merito alla soppressione della lettera r) dell’articolo, 18 comma 1, del decreto legislativo n. 112/1998 e riservandosi di inviare successivamente le osservazioni relative all’articolo 44 del provvedimento concernente: “Semplificazione ed efficientamento dei processi di programmazione, vigilanza ed attuazione degli interventi finanziati dal Fondo per lo sviluppo e la coesione” che necessita di un approfondimento. E su questa tematica è intervenuto il commercialista Lamberto Mattei in una ricerca specifica:
“L’ANCI ha espresso un parere condizionato alle proposte emendative contenute in un documento, in cui si evidenziano, in particolare, alcune questioni quali il  rinvio al 2020 della contabilità economico-patrimoniale per i Comuni sino a 5.000 abitanti e l’individuazione delle semplificazioni da apportare a regime. C’è poi la necesiità di una soluzione normativa per i Comuni interessati dagli effetti della sentenza n. 18/2019 della Corte costituzionale: Infine occorre la possibilità di una nuova finestra temporale per l’accesso all’anticipazione della liquidità della Cassa Depositi e Prestiti e l’adozione di una soluzione normativa per mitigare gli effetti contabili dello stralcio delle cartelle esattoriali sino a 1.000 euro.
E’ stta poi richiamata l’attenzione sull’opportunità di apportare alcune correzioni ed integrazioni alle disposizioni contenute nei seguenti articoli: articolo 30 relativamente ai contributi dei Comuni per interventi di efficientamento energetico e sviluppo territoriale sostenibile.
Anche l’UPI ha consegnato un documento (allegato agli atti) subordinando all’accoglimento degli emendamenti l’espressione del parere favorevole ed evidenziando tre aspetti prioritari: la destinazione di risorse specifiche per l’avvio di un Piano delle piccole opere pubbliche delle Province, che consenta in particolare la messa in sicurezza e modernizzazione della rete viaria provinciale; la previsione di un fondo di 129 milioni di euro a favore delle Province e delle Città metropolitane per gli investimenti, l’efficientamento energetico e la messa in sicurezza delle scuole; lo sblocco delle assunzioni del personale delle Province con l’abrogazione dei vincoli ora per esse previsti.
Poiché il Governo ha preso atto delle proposte delle Regioni e degli Enti locali, assicurandone – si legge negli atti -una positiva valutazione, la Conferenza Unificata ha registrato l’espressione del parere.
Si riporta di seguito il testo integrale del Documento delle Regioni (già pubblicato nella sezione “Rapporti istituzionali” del portale www.regioni.it)  eil link agli atti della Confernza Unificata.
Posizione sul disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, recante misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi (ac n. 1807).
Parere, ai sensi dell’articolo 9, comma 3, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281
Punto 2) O.d.g. Conferenza Unificata
Il decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, prevede tre grandi tipologie di azioni:
1. misure fiscali per la crescita economica, che di fatto riprendono provvedimenti assunti anche in precedenza, con lievi modifiche per rendere più incisivo il provvedimento;
2. misure per il rilancio degli investimenti sia privati che pubblici, che riguardano in particolare il Fondo Centrale di Garanzia e altre misure di natura finanziaria, nonché lo sviluppo di cartolarizzazioni;
3. misure sul Made in Italy.
MISURE PER IL RILANCIO DEGLI INVESTIMENTI PRIVATI (CAPO II)
Si ritiene che il DL preveda un numero eccessivo di azioni non supportate da adeguate risorse economiche con il rischio di ingenerare un effetto spiazzamento.
1. Per quanto riguarda gli articoli relativi al Fondo Centrale di Garanzia viene riproposto un modello di eccessivo allargamento delle garanzie dello Stato su varie tipologie di investimento (compreso addirittura il crowd funding), senza garanzie rispetto ai costi effettivi del credito a vantaggio delle imprese.
Come, già segnalato da alcune Regioni, viene inoltre cancellata la possibilità di segmentare il funzionamento del fondo alla solo controgaranzia verso i Confidi (lettera r), togliendo pertanto autonomia all’azione regionale.
A riguardo, numerose Regioni hanno espresso parere negativo sulla soppressione della lettera “R” di cui all’art.18 comma 1 del d.lgs. 112/1998.
Le motivazioni delle obiezioni espresse dalle Regioni sono da individuare
– nella mancanza di concertazione con le stesse in aperta violazione delle prerogative costituzionali riconosciute nelle materie di competenza concorrente;
– nella mancanza di dati di monitoraggio che permettendo di supportare oggettivamente la soppressione della lettera “R”;
– nel fatto che l’abolizione suddetta può avere un effetto distorsivo sul mercato conferendo un vantaggio competitivo al Fondo di garanzia centrale rispetto a tutti gli altri dal momento che quest’ultimo è in grado di offrire una garanzia illimitata (la c.d. ponderazione zero), una sorta di garanzia sovrana, non alle imprese, ma al sistema del credito.Successivamente sarà poi necessario avviare un incontro con il Fondo Centrale di Garanzia per comprendere esattamente le modalità di funzionamento del Fondo con le diverse misure messe in atto (sezioni speciali) e il ruolo che devono avere i Confidi nel nuovo contesto. Un approfondimento ulteriore merita la proposta della garanzia dello Stato per finanziamenti a lungo termine delle imprese.
2. Per quanto riguarda altre misure come quelle sull’efficienza energetica e lo sviluppo di rinnovabili e quelle sull’economia circolare (art. 26, art. 30) si ritiene che si tratti di interventi che, così posti, risultano frammentari e centralisti, non in linea con le azioni previste per le materie concorrenti.
Infine con riferimento all’articolo 29 commi 3 e 4, si prende atto con soddisfazione dell’iter avviato per la revisione della disciplina degli incentivi alle imprese prevista dalla legge 181/89, a più riprese richiesta in questi anni dalla Regioni, ivi compreso l’abbassamento delle soglie.
Le disposizioni suddette autorizzano il MISE a provvedere con successivi decreti alla rivisitazione dell’impianto normativo, al fine di perseguire i seguenti obiettivi:
a) ampliamento delle categorie dei beneficiari;
b) necessità di aumentare l’attrattiva della misura prevedendo un maggior peso del contributo a fondo perduto rispetto al finanziamento agevolato;
c) minori oneri amministrativi e finanziari per le imprese;
d) aggiornamento delle modalità di valutazione e rendicontazione delle spese da parte delle aziende;
e) maggiore condivisione con i territori interessati e un più mirato coinvolgimento degli enti locali e regionali, anche per rendere adattabile lo strumento ai diversi contesti territoriali.
Proprio per massimizzare l’efficacia delle disposizioni introdotte e in linea con quanto previsto al punto e), si propone che il coinvolgimento degli enti regionali venga previsto sin dalla definizione dei contenuti dei decreti che dovranno essere emanati entro 90 giorni dall’entrata in vigore del decreto legge.
Si ribadisce che il confronto con le Regioni è essenziale per conoscere le criticità ravvisate sugli avvisi operativi sui loro territori, e individuare rimedi e soluzioni esperibili, ma anche perché in alcuni casi le Regioni (cfr. ad es. avvisi per le aree di crisi non complessa), cofinanziano con proprie risorse gli Avvisi nazionali.
Si ricorda, inoltre, che l’attuale DM 9 giugno 2015 prevede l’acquisizione del parere della Conferenza permanente per i Rapporti tra Stato, Regioni e Province autonome, che ha suggellato un iter di rimodulazione
MISURE SUL MADE IN ITALY (CAPO III)
L’articolo 31 è una misura molto complessa che prevede l’istituzione di un fondo per la tutela dei marchi storici con una dotazione per l’anno 2020 di 30 milioni di euro e con una sezione speciale del Fondo centrale di garanzia. Si esprime perplessità sullo strumento essendo assai complicato definire i confini di tale attività, per la quale è prevista inoltre l’assunzione di apposito personale.
ULTERIORI MISURE PER LA CRESCITA (CAPO IV)
Semplificazione procedure assunzione nelle PA
All’articolo 33, è aggiunto il seguente comma:
“3. Fatto salvo quanto stabilito dall’articolo 1, comma 399, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, al fine di ridurre i tempi di accesso al pubblico impiego, nel triennio 2019-2021, le procedure concorsuali bandite dalle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e le conseguenti assunzioni possono essere effettuate senza il previo svolgimento delle procedure previste dall’articolo 30 del medesimo decreto legislativo n. 165 del 2001.”
Relazione
Si prevede, al fine di accelerare le assunzioni all’interno delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo l, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che le procedure di reclutamento possano essere bandite senza il preventivo espletamento delle procedure di mobilità di cui all’articolo 30 del medesimo decreto legislativo.
Dopo il comma 1 è inserito il seguente comma:
“1 bis. Al terzo periodo dell’articolo 1, comma 258, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, dopo le parole “le agenzie” sono aggiunte le seguenti parole “, gli enti di nuova istituzione”.
Al quinto periodo dell’articolo 1, comma 258, della legge 30 dicembre 2018, n. 145
a) le parole “non rilevano in relazione alle capacità assunzionali di cui all’articolo 3, commi 5 e seguenti, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114” sono soppresse;
b) dopo le parole “Le predette assunzioni” sono aggiunte le seguenti parole “sono effettuate in aggiunta alle ordinarie facoltà assunzionali previste a legislazione vigente,”
Dopo il sesto periodo dell’articolo 1, comma 258, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, è aggiunto il seguente: “Le previsioni di cui al quinto e sesto periodo si applicano anche alle ulteriori assunzioni effettuate, per i centri per l’impiego, dai medesimi soggetti indicati al terzo periodo.”.
Relazione
Il presente intervento normativo concerne la possibilità per gli enti di nuova istituzione di poter procedere ad assunzioni di personale per i centri per l’impiego, ai sensi delle disposizioni di cui all’articolo 1, comma 258, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, analogamente a quanto già previsto per regioni e province autonome, agenzie ed enti regionali, province e città metropolitane.
Inoltre al fine di garantire la piena operatività della citata disposizione normativa così come delineata dal Legislatore, si prevede di sostituire la previsione, concernente le capacità assunzionali, di cui all’articolo 3, commi 5 e seguenti, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, con la più generica previsione relativa alle ordinarie facoltà assunzionali previste a legislazione vigente. Ciò in quanto l’articolo 33 del decreto legge n. 34/2019 (che entrerà in vigore dalla data individuata dal decreto previsto nello stesso comma) detta nuove disposizioni in ordine alle facoltà assunzionali.
Da ultimo, al fine di garantire la perdurante operatività dei centri per l’impiego, si dispone di mantenere le previsioni relative alle facoltà assunzionali, ai limiti previsti dai commi 557 e seguenti dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, al trattamento accessorio e alla mobilità (previste dal quinto e sesto periodo dell’articolo 1, comma 258, della legge n. 145/2018), anche per le ulteriori assunzioni che verranno effettuate dai medesimi soggetti individuati dal citato comma 258.
Emendamento CCNL “giornalisti”
All’articolo 33 è aggiunto il seguente comma:
“3. Le disposizioni contenute nell’articolo 25 bis del DL 28 gennaio 2019, n. 4 convertito con modificazioni dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, si applicano ai giornalisti, in servizio presso gli uffici stampa delle regioni a statuto ordinario con rapporto di lavoro a tempo indeterminato alla data di sottoscrizione del CCNL del comparto delle Funzioni Locali del 21 maggio 2018, fino alla cessazione degli stessi.”
RelazioneLa norma è finalizzata a confermare l’applicazione, fino alla cessazione dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato, della disciplina prevista dai singoli ordinamenti per gli addetti alla comunicazione istituzionale.
Obblighi informativi erogazioni pubbliche
Si propone la modifica dell’articolo 35, chiedendo che disponga l’abrogazione dei commi 125/129 della legge 124/2017.
La norma prevede che gli obblighi informativi di cui alla legge 124/2017, relativi alle erogazioni pubbliche conseguite, siano adempiuti mediante pubblicazione – da parte dei soggetti obbligati (imprese o associazioni, fondazioni Onlus) – degli importi ricevuti nella nota integrativa oppure mediante pubblicazione sul proprio sito internet o sui portali delle associazioni di categoria.
Tali adempimenti sono ritenuti assolti, nel caso di aiuti di stato e de minimis, laddove questi vengano inseriti nel Registro nazionale degli Aiuti. Ma le imprese devono comunque dichiarare l’esistenza di aiuti oggetto di obbligo di pubblicazione nell’ambito del RNA nella nota integrativa o in mancanza nei siti di cui sopra.
Tuttavia l’articolo 35 non centra l’obiettivo di apportare una concreta semplificazione del precedente impianto normativo: fatto salvo il rinvio della disposizione al 30 giugno 2019 e l’esclusione esplicita relativa ad importi di natura corrispettiva, il testo risulta più penalizzante del precedente, in quanto sono specificate tutte le categorie di soggetti, (ricomprendendovi anche le imprese singole e le società di persone), per i quali è obbligatoria la pubblicazione sul proprio sito o sui portali delle Associazioni di categoria (si consideri che potrebbero esserci imprese non associate e prive di sito web, per le quali sarebbe più complicato adeguarsi alla norma).
Le disposizioni di cui alla legge 124/2017 sono di complessa applicazione e la sanzione connessa al mancato adempimento da parte dei beneficiari, con riferimento all’obbligo di pubblicazione delle informazioni relative a sovvenzioni, sussidi, vantaggi ecc., appare sproporzionata rispetto ad altri interessi. La sola mancata pubblicazione può comportare la revoca di contributi connessi ad investimenti, anche importanti, effettivamente realizzati e produttivi di effetti sostanziali. La sanzione inoltre viene estesa a tutti i soggetti, sia contemplati al comma 125 che 125 bis, contrariamente a quanto ritenuto dal Consiglio di Stato nel suo parere.
Sebbene la trasparenza sia un principio di primaria importanza, si osserva che le disposizioni vigenti a carico delle amministrazioni eroganti rendono già ampiamente conoscibili, a tutti coloro che accedono ad Amministrazione Trasparente, i benefici erogati.
Non si chiarisce chi e come dovrà procedere alla eventuale revoca e il richiamo alla banca dati aiuti non appare una semplificazione sufficiente. Infine il comma 125 quinquies non chiarisce se i beneficiari sono liberati dagli obblighi prescritti nel caso in cui si verifichi quanto indicato e quale sia il ruolo e gli obblighi di controllo posti a carico delle amministrazioni pubbliche (comma 129).
Si rende necessario infine chiarire che la normativa si applica soltanto alle risorse pubbliche nazionali.
Nel caso di benefici concessi a valere sulle risorse comunitarie infatti la normativa assicura già una elevata trasparenza da parte dei beneficiari. L’applicazione ai benefici concessi a valere su tali risorse richiede una attenta valutazione della compatibilità di tali disposizioni con le regole dei fondi, delle conseguenze sulla capacità di raggiungere i target di spesa definiti dalla programmazione europea per le singole amministrazioni e del rischio complessivo di un danno per l’intero sistema Italia. Si rende dunque prudenzialmente necessario escludere l’eventuale applicazione ai fondi europei.
In caso di non accoglimento delle richiesta di abrogazione dei commi 125/129 della legge 124/2017, con riferimento a quanto previsto dall’art. 35, sarebbe opportuno comunque che la norma preveda espressamente che la pubblicazione degli importi ricevuti possa avvenire anche sui profili social dei beneficiari, e non solo sul sito internet, come già indicato dalla Circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali n. 38 dell’11 gennaio 2019, in quanto in alcuni casi i beneficiari, come ad esempio nel caso del settore culturale, spesso non sono dotati di un vero e proprio sito internet.
Misure per semplificare le procedure previste per il rilancio degli investimenti sul territorio
Dopo l’articolo 38 è inserito il seguente:
“Articolo 38 bis (Misure per semplificare le procedure previste per il rilancio degli investimenti sul territorio.
“1. Al comma 495-ter dell’articolo 1, della Legge 11/12/2016, n. 232, così come modificato dall’art. 13 del DL 25 luglio 2018, n. 91, sostituire le parole “, e se verificati attraverso il sistema di monitoraggio opere pubbliche della Banca dati delle amministrazioni pubbliche (BDAP MOP) ai sensi del decreto legislativo 20 dicembre 2011, n. 229. A tal fine le regioni provvedono alla trasmissione delle informazioni riguardanti i propri investimenti diretti effettuati a valere sugli spazi assegnati e assumono le iniziative necessarie affinché le pubbliche amministrazioni beneficiarie dei propri contributi erogati a valere sugli spazi finanziari effettuino la trasmissione delle informazioni riguardanti gli investimenti realizzati con tali risorse”   con le parole “le Regioni verificano l’avvenuta realizzazione degli investimenti di cui ai presente comma attraverso la trasmissione al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato di una certificazione, firmata digitalmente, ai sensi dell’articolo 24 del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, dal rappresentante legale, dal responsabile del servizio finanziario e dall’organo di revisione economico-finanziaria, ove previsto, entro il termine perentorio del 31 marzo dell’anno successivo a quello di riferimento, secondo un prospetto e con le modalità definiti con decreti del predetto Ministero, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.”.
“2. All’articolo 1, comma 837, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, inserire, alla fine, il seguente periodo  “Le regioni attestano l’avvenuta realizzazione degli investimenti di cui ai commi 834 e 836 attraverso la trasmissione al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato di una certificazione, firmata digitalmente, ai sensi dell’articolo 24 del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, dal rappresentante legale, dal responsabile del servizio finanziario e dall’organo di revisione economico-finanziaria, ove previsto, entro il termine perentorio del 31 marzo dell’anno successivo a quello di riferimento, secondo un prospetto e con le modalità definiti con decreti del predetto Ministero, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.”.
Relazione
L’emendamento mira a semplificare le procedure previste per il rilancio degli investimenti sul territorio delle leggi 232/2016 e 145/2018, attraverso un’apposita certificazione della realizzazione degli investimenti delle regioni.
Nel caso della legge 232/2016 si ricorda che gli spazi finanziari concessi alle regioni sono esclusi dal pareggio per spesa d’investimenti del triennio 2017-2019 a maggior ragione se ne sollecita la semplificazione.
Anticipazione di liquidità enti territoriali per pagamento debiti della PA
Dopo l’articolo 38 è inserito il seguente:
“Articolo 38 bis (Applicazioni delle norme inerenti le anticipazione di liquidità enti territoriali per pagamento debiti della PA)
“1. All’articolo 1, comma 857, della legge 30 dicembre 2018, n.145, le parole “non hanno richiesto” sono sostituite con “hanno richiesto”
2. All’articolo 1, comma 859, della legge 30 dicembre 2018, n.145, dopo la lettera b) aggiungere il seguente periodo: “Le misure di cui ai commi 862, 864 e 865 non si applicano se il debito commerciale residuo scaduto, di cui all’articolo 33 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, rilevato alla fine dell’esercizio precedente, non è superiore al 5% del totale delle fatture ricevute nel medesimo esercizio e se l’indicatore di ritardo annuale dei pagamenti, calcolato sulle fatture ricevute e scadute nell’anno precedente, risulta rispettoso dei termini di pagamento delle transazioni commerciali, come fissati dall’articolo 4 del decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231.”.
Relazione
Al fine di meglio chiarire le norme in materia si specifica le norme previste non si applicano se il debito commerciale residuo scaduto, rilevato alla fine dell’esercizio precedente, non è superiore al 5% del totale delle fatture ricevute nel medesimo esercizio e se l’indicatore di ritardo annuale dei pagamenti, calcolato sulle fatture ricevute alla fine dell’esercizio precedente, risulta rispettoso dei termini di pagamento delle transazioni commerciali, come fissati dall’articolo 4 del decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231”.
Modifica procedura riconoscimento legittimità debito fuori bilancio delle regioni.
Dopo l’articolo 38 è inserito il seguente:
“Articolo 38 bis (Semplificazione procedura di riconoscimento legittimità dei debiti fuori bilancio delle regioni)
“1. All’articolo 73 del D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118 “Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42 sono apportate le seguenti modifiche
a) Al comma 1 della lettera e) le parole “preventivo” sono soppresse;
b) dopo il comma 1 è inserito il seguente
1bis. La Giunta regionale riconosce con propria deliberazione, da comunicarsi al consiglio entro dieci giorni, la legittimità dei debiti fuori bilancio qualora le spese di cui al comma 1 trovino copertura finanziaria negli stanziamenti di bilancio
c) al comma 4 dopo le parole “Il Consiglio regionale” sono aggiunte le parole “e la giunta regionale” e le parole “sessanta giorni” sono sostituite da “trenta giorni”.
Relazione illustrativa:
La modifica al comma 1 nasce dall’esigenza di semplificare la descrizione e dunque, l’interpretazione, della fattispecie di debito fuori bilancio prevista alla lettera e) del comma 1 dell’articolo 73, allineandola alle fasi del procedimento della spesa come normate dai principi contabili.
L’obiettivo della modifica apportata con l’aggiunta del comma 1bis nasce dall’esigenza di normare la procedura per il riconoscimento della legittimità dei debiti fuori bilancio tenendo conto della specificità delle Regioni e in particolare della peculiarità del procedimento legislativo regionale che ben si discosta dall’ operatività e dalle tempistiche degli enti locali.
Tenuto conto dei tempi che l’espletamento di una procedura legislativa richiede in contrasto con la necessità invece di operare celermente nel riconoscimento delle situazione debitoria si propone quindi di portare nell’alveo di competenza della Giunta il riconoscimento dei debiti fuori bilancio quando le relative spese trovino copertura finanziaria negli stanziamenti di bilancio, posto che sugli stessi il Consiglio si è già espresso con l’approvazione del bilancio dell’esercizio finanziario in corso.
Si lascerebbe invece in capo al Consiglio il riconoscimento di legittimità dei debiti fuori bilancio nel caso in cui le spese di cui al comma 1 non trovino adeguata copertura finanziaria negli stanziamenti di bilancio; in tal caso il Consiglio è autorizzato, ai sensi del comma 3, a deliberare aumenti di entrata
La modifica al comma 4 oltre che garantire il coordinamento con la modifica dei commi 1 e 2 riduce i tempi necessari per il riconoscimento di legittimità dei debiti fuori bilancio.
Relazione tecnico finanziaria:
Dalle modifiche apportate all’articolo 73 non discendono maggiori oneri per la finanza pubblica trattandosi di modifiche di natura ordinamentale e procedurale.
CONCLUSIONI
Si evidenzia che i principali temi del DL crescita, in particolare quelli relativi ai temi dell’innovazione, dell’accesso al credito e delle aree di crisi, potrebbero essere oggetto della Sede Stabile di Concertazione che, per sua natura, prevede proprio il confronto con le Regioni su tali tematiche”.

Decreto sblocca cantieri, Lamberto Mattei (Studio Sarcc): “importante capire gli aspetti applicativi delle norme”

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Roma  29 mag 2019 – Più investimenti pubblici per far ripartire la crescita, con un’attenzione particolare alla messa in sicurezza e manutenzione delle infrastrutture (ponti, viadotti e gallerie), della rete viaria e degli edifici pubblici del Paese. Queste le motivazioni ufficiali con cui il Ministero dell’Economia e delle Finanze parla rispetto al cosiddetto decreto “sblocca cantieri”.  E’ stato varato nello scorso Aprile e proprio in queste ore c’è grande attesa per i lavori al Senato della Repubblica.  In pratica lo sblocca cantieri si prefigge l’obiettivo di semplificare e snellire le procedure di aggiudicazione, di aprire il mercato degli appalti pubblici alle PMI e una maggiore flessibilità procedurale per assicurare la promozione della concorrenza. Lo staff del commercialista Lamberto Mattei ha voluto raccogliere alcune informazioni di base per l’utilità dei lettori.

Tralalto proprio oggi mercoledì 29 maggio alle 15, è all’ordine del giorno dell’Aula il disegno di legge di conversione del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l’accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici (A.S. n. 1248). Le Commissioni riunite Lavori pubblici e Ambiente, martedì 28 maggio, ne hanno concluso l’esame conferendo mandato ai relatori, senatore Santillo e senatrice Faggi, a riferire favorevolmente all’Assemblea per l’approvazione del disegno di legge in esame, con le modifiche accolte nel corso dell’esame, con autorizzazione alla richiesta di svolgimento della relazione orale e all’effettuazione degli interventi di coordinamento e correzione formale che dovessero risultare necessari. I senatori D’Arienzo e Ferrazzi hanno preannunciato la presentazione di una relazione di minoranza.

Tra le principali misure ci sono la possibilità per le stazioni appaltanti di affidare i lavori sulla base di un progetto definitivo semplificato; l’introduzione di un regime semplificato per i contratti sotto soglia; la riduzione, da 90 a 60 giorni, del termine per il rilascio dei pareri obbligatori da parte del Consiglio superiore dei lavori pubblici; la possibilità che le varianti di valore fino al 50 per cento del progetto possano essere approvate direttamente dal soggetto aggiudicatore, mentre per quelle di valore superiore interviene il CIPE; l’innalzamento fino a 15 anni della durata dei certificati rilasciati alle imprese esecutrici dalle stazioni appaltanti; la semplificazione della disciplina degli interventi strutturali in zone sismiche; e la possibilità di nominare commissari straordinari per i cantieri ritenuti prioritari.

Ma molte sono le valutazioni su queste normative sulla quale si stanno esprimendo associazioni di categoria, professionisti interessati, grandi aziende che operano nel settore delle Opere pubbliche. “Quello che deve essere valutato – spiega Lamberto Mattei – al di là del proposito di sblocco è l’effettiva attuazione normativa. L’Anac ha pubblicato un report molto interessante sul D.L. 32/2019 tanto che ha istituito uno specifico gruppo di lavoro. Le risultanze dell’Anac possono essere consultate nel link seguente:

ANAC-Prime-valutazioni-sul-D.L.-32-2019

Evento in grande stile per i commercialisti italiani, Lamberto Mattei: “un approfondimento molto utile ed innovativo”

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Roma – Un incontro sicuramente importante quello di ieri mattina svoltosi nel prestigioso Hotel Nazionale in piazza di Montecitorio. Il commercialista Lamberto Mattei, al fianco del Sindacato Commercialisti italiani, ha etichettato l’evento come molto utile ed innovativo. “E’ stata una occasione di confronto e di arricchimento reciproco – ha spiegato Mattei alla stampa – poichè nelle relazioni, pur se centrate su argomenti differenti, si è percepito un comune denominatore per la nostra professionalità. Crescita per i commercialisti, sinergia con l’indubbio vantaggio per i contribuenti, che sono i veri protagonisti da tutelare”.  COMMERCIALISTI E GARANTE DEL CONTRIBUENTE: UN NUOVO APPROCCIO POSSIBILE è il tema che ha trattato il dottor Lamberto Mattei durante i lavori. Di seguito riportiamo integralmente il testo pubblicato nella raccolta de “Il Commercialista” che riassume tutti i contenuti del convegno:

“La funzione del Garante del Contribuente, – ha spiegato il commercialista Lamberto Mattei – così come disciplinato dall’articolo 13, comma 6 della L. 212/2000, è quella di intervenire, a seguito di istanza del Contribuente o su propria iniziativa, nel caso in cui vengano riscontrate fattispecie collegate a: “disfunzioni, irregolarità, scorrettezze, prassi amministrative anomale o irragionevoli o qualsiasi altro comportamento suscettibile di incrinare il rapporto di fiducia tra il cittadini e l’amministrazione finanziaria”. Quindi, la sua stessa funzione deve essere concepita sia come posta a tutela del contribuente sia come strumento di raccordo tra il cittadino e Il Commercialista – L ’amministrazione finanziaria nell’ambito delle procedure amministrative che li vedono come parti contrapposte dei procedimenti tributari. A distanza di circa un ventennio dall’entrata in vigore della norma che ne ha disciplinato i compiti e le funzioni, appare indubbio che le categorie di professionisti solitamente chiamate ad assumere le difese dei contribuenti nell’abito delle diverse fattispecie fiscali / tributarie che li interessano, raramente percepiscono l’Organismo in commento, quale strumento efficiente ed efficace a cui adire in via preordinata rispetto alle altre forme di difesa alternativamente proponibili ai contribuenti, ciò in quanto soventemente i meccanismi procedurali, i termini che ne scandiscono le azioni, e le diverse forme di responsabilità che ne dipendono (anche in ambito pubblico) non permettono attualmente di intravedere il Garante in tal senso. Invero, il “Garante del Contribuente”, alla luce della propria qualificazione, dell’autonomia funzionale e del proprio valore istituzionale, è chiamato ad assumere una funzione propulsiva nei confronti dell’Amministrazione Finanziaria affinché si assicuri il rispetto di tutte le garanzie previste dal legislatore a favore del Contribuente in ambito di accertamenti tributari verifiche fiscali, procedure liquidazioni di imposte e/o di crediti erariali ed in genere in tutte le procedure di riscossione. Lo stesso, ai sensi del art. 13 del citato decreto, autonomamente ovvero “[…] anche sulla base di segnalazioni inoltrate per iscritto dal contribuente o da qualsiasi altro soggetto interessato […]” ha il potere di attivare “le procedure di autotutela nei confronti di atti amministrativi di accertamento o di riscossione notificati al contribuente” svolgendo una funzione di carattere sollecitatorio diretto agli uffici finanziari che hanno emanato l’atto affinché, questi ultimi possano riesaminarlo alla luce delle sue considerazioni e pareri. L’attuale sistema normativo  – prosegue Mattei – prevede che in ogni caso, gli stessi Uffici Finanziari, mantengano l’autonomia e la discrezionalità tali, per cui possano in ogni caso discostarsi da parere del Garante, la cui iniziativa rimane in ogni caso non vincolante per le Agenzie fiscali, le quali adottano i provvedimenti di autotutela solo ove Esse stesse ne rilevino i presupposti. L’esame di tale Organismo non può prescindere dalla valutazione di suddetto strumento difensivo (L’AUTOTUTELA) del contribuente (ndr. oltreché strumento di ravvedimento e/o autocorrezione dei comportamenti non conformi alle norme da parte della P.A.), in quanto ad oggi, in ambito tributario, è l’unico strumento che sia il contribuente che la P.A. possono intraprendere in ogni momento, per l’annullamento o la rettifica di un provvedimento in corso di efficacia, in quanto ritenuto illegittimo, al fine di evitare l’alea ed i costi di un Giudizio. Ed è in seno a predetta procedura che si reputa fondamentale la figura del Garante in quanto costituisce un efficace e valido sostegno alle iniziative dei contribuenti. Tenendo conto dello spirito con cui il legislatore ha disciplinato tale istituto, lo stesso si ritiene debba essere revisionato, prevedendo l’inserimento dell’Organo “Garante del Contribuente”, in un sistema normativo strutturato affinché i pareri, le raccomandazioni ed i richiami emessi da quest’ultimo assumano carattere vincolante nei confronti delle parti del procedimento tributario per cui vengono richiesti, nonché costituiscano elemento valutabile a mò di prova dall’autorità giudiziaria ove la materia vertenziale sia sub judice. Quanto espresso si propone – conclude Mattei – quale innovazione atta a perseguire efficacemente la strategia della c.d. TAX COMPLIANCE finalizzata ad un innalzamento del livello di adempimento spontaneo nei confronti degli obblighi tributari e di conseguenza alla riduzione del TAX GAP e del livello del tasso di evasione fiscale, garantendo al cittadino certezza del diritto ed affidabilità delle procedure amministrative, nonché coadiuvando  i Funzionari di P.A. e P.G. nell’adozione delle relative legittime iniziative”.

Per visualizzare tutta la cronologia degli interventi Il commercialista edizione Maggio 2019

Iniziative Sdebitalia: “colloqui a Roma per le selezioni di incarico a livello metropolitano, regionale, municipale e province.

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Roma – Nuove opportunità con la Rete di Sdebitalia, che sta selezionando per Roma capitale e per la Regione Lazio i  Responsabili dei Municipi, de comuni e delle Province. “Si tratta – spiega il commercialista Lamberto Mattei – di una iniziativa molto importante che vede potenziare l’Associazione di Sdebitalia in tutta la nostra regione. Un modo per avere competenze al servizio dei cittadini e nel contempo per generare nuove opportunità in un settore in costante crescita”.

L’appuntamento è per venerdì 10 maggio alle ore 18.30 in via Sallustiana 27/a per un colloquio informativo.

Clicca qui per il modulo

Dal microcredito allo sviluppo del territorio, attesa per il workshop professionale in svolgimento nelle Marche il prossimo 11 maggio

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Fabriano (Ancona) – C’è attesa nel settore dei professionisti per  l’evento sul tema: “Dal Microcredito allo sviluppo del territorio”  che si svolgerà Sabato 11 Maggio 2019 alle ore 11 presso l’Hotel Gentile di Fabriano. Il workshop punta a chiarire con diversi approfondimenti di settore, una serie di vantaggi di natura operativa e fiscale su diversi fronti produttivi. In particolare il commercialista Lamberto Mattei, founder dello Studio Sarcc tratterà l’argomento:  CREDITO D’IMPOSTA PER RICERCA E SVILUPPO – SOCIAL IMPACT FINANCE DALLA TEORIA ALLA PRATICA. 

La partecipazione è gratuita, per accreditarsi : https://atictutela.it/workshop/

Questo il dettaglio evento:

MODERA

Fiorentini Vittorio

SALUTI ISTITUZIONALI

Dott. Antonio Fioravanti (Presidente Associazione ATIC)

NOLEGGIO A LUNGO TERMINE

Dott. Salvatore Li Vecchi

  • dalle ore 14:40

Vantaggi del noleggio a lungo termine dal punto di vista operativo e fiscale.

ASSICURAZIONE

Dott. Giovanni Cosenza

  • dalle ore 15:00

Dalla parte dell’assicurato cosa scegliere e perché.

CREDITO CLASSICO

Dott. Francesco Valentino

  • dalle ore 15:30

Dal prestito personale al mutuo come comportarsi nei confronti delle banche.

MICROCREDITO

Dott. Nazzareno Di Stefano

  • dalle ore 15:50

Abolizione cella Confidi per le Marche e novità per accedere a 25.000 – 35.000 € senza garanzie reali.

CREDITO D’IMPOSTA PER RICERCA E SVILUPPO – SOCIAL IMPACT FINANCE DALLA TEORIA ALLA PRATICA

Dott. Lamberto Mattei

  • dalle ore 16:10

Cosa si intende per ricerca e condizioni per farne derivare un beneficio fiscale.

CREDITO AGEVOLATO

Dott. Jacopo Gianetti

  • dalle ore 16:30

Come accedere a fondi Regionali ed Europei con la clausola salvo buon fine.

ANALISI DEL DEBITO

Dott. Angelo Chitarrini

  • dalle ore 16:50

Dalle cartelle esattoriali al debito bancario cosa dobbiamo controllare.

VITTIME TUTELATE

Dott. Antonio Fioravanti

  • dalle ore 17:10

Come poter ottenere il giusto compenso per danni subiti da terzi.

 

Contenuti d’eccellenza al convegno sul Social Impact Finance, il commercialista Lamberto Mattei: “occasione di crescita e confronto ottimale”

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Roma – Grande interesse e apprezzamenti ha suscitato nei partecipanti, il convegno svoltosi nel pomeriggio di ieri lunedì 15 Aprile 12019 presso la Sala Refettorio della Camera dei Deputati. L’evento organizzato dallo Studio Associato SARCC di cui è founder il commercialista Lamberto Mattei è stato caratterizzato da una serie di interventi che hanno seguito il filo conduttore del Social Impact Finance. Mattei, ha moderato magistralmente l’evento apportando la concretezza che lo caratterizza e la conoscenza nei dettagli delle materie poste in trattazione. “Sono molto soddisfatto anche di questo convegno – ha affermato mattei alla Stampa – poichè per poter crescere c’è bisogno di confronto, di approfondimento in maniera tale che professionisti esperti su vari fronti possano apportare un arricchimento cognitivo e culturale alle materie che oggi piu’ che mai sono di interesse pubblico, colgo l’occasione – ha concluso Mattei – per ringraziare tutti gli autorevoli relatori per la chiarezza espositiva e per i contenuti esposti con grande competenza ed equilibrio, oltre ad un grazie a tutti i convenuti”.

 

 

 

 

Fatture elettroniche, tra errori, falsi, vizi e problematiche diverse. Mattei e Sannipola ecco l’analisi sui profili di incostituzionalità

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Roma – Molti sono gli aspetti che all’indomani dell’applicazione della norma che ha introdotto la fattura elettronica, fanno i conti con una realtà che è ben diversa da quella legislativa. Nel merito di un problema che sta riguardando moltissime categorie interessate il commercialista Lamberto Mattei, ha voluto approfondire i vari aspetti unitamente alla dr.ssa Doriana Sannipola.

“E’ indubbio che esiste una differenza sostanziale tra il processo di fatturazione elettronica tra privati rispetto a quella verso la pubblica amministrazione. La differenza sostanziale sta proprio nella possibilità data alla pubblica amministrazione di rifiutare la fattura elettronica emessa dal cessionario committente.”

Tale disparità di trattamento viola il principio di uguaglianza tra cittadini di fronte alla legge introducendo una forma di discrimine in campo economico tra pubblico e privato (Art. 3 Cost.).

Infatti, nel processo di fatturazione verso l’amministrazione pubblica, viene data la possibilità a quest’ultima di rifiutare la fattura, nel caso sia non corrispondente con quanto pattuito in sede contrattuale tra fornitore e l’amministrazione stessa o ci fossero degli errori nel contenuto della fattura stessa.

Transitando nell’intero processo di fatturazione PA nello SDI, in caso di rifiuto della fattura da parte della pubblica amministrazione, al fornitore viene recapitata una notifica attestante l’esito negativo del processo di emissione ed acquisizione della fattura stessa che pertanto viene considerata non emessa.

Al contrario, in un modo che si potrebbe definire sleale e discriminatorio, nel processo tra privati non è riconosciuta nessuna possibilità di rifiutare la fattura elettronica ricevuta nello SDI.

Nel caso in cui si riceva una fattura falsa (per truffe operate in rete), inesistente, sbagliata o dai contenuti che non corrispondono a quanto pattuito con la controparte, sarà necessario richiedere l’emissione di una nota di credito a storno totale o parziale della fattura con emissione di eventuale successiva fattura corretta. Ma nel caso di truffe in rete, come già stanno avvenendo dall’introduzione della FE B2B, ciò diviene praticamente impossibile.

Tutto il processo di correzione si deve svolgere al di fuori del SDI: solo la nota di credito e la eventuale fattura corretta transiteranno per lo SDI.

La fattura ricevuta e considerata errata dovrà essere registrata solo nel caso in cui l’operazione esista.

Per esempio, se si riceve una fattura in merito ad una cessione di beni effettiva, dove viene contestato il prezzo indicato in fattura, la stessa andrà registrata comunque in attesa di ottenere la nota di credito a storno totale e la fattura emessa correttamente.

Se, invece, la fattura ricevuta rappresenta un’operazione soggettivamente o oggettivamente inesistente siamo di fronte ad un caso di “fattura falsa” che non dovrà essere assolutamente registrata anche se con i nuovi sistemi di importazione digitalizzata dei dati negli archivi contabili aziendali tale errore diviene probabile ed anche penalmente rischioso.

Ciò purtroppo già si sta verificando per cui le aziende devono fare molta attenzione alla tipologia di fatture che ricevono attraverso lo SDI ed alle operazioni di importazione nei propri gestionali.

Nel caso in cui non si ottenga la correzione della fattura errata, il cessionario dovrà attivare la procedura prevista dall’art. 6, co. 8, D.Lgs. 471/1997, previo versamento della maggior imposta eventualmente dovuta.

Ciò consiste nell’emissione di una autofattura elettronica (e nel XML andrà indicato alla voce Tipo Documento TD20). Il cessionario che non regolarizza tale omissione entro 30 giorni dall’operazione è punito a sua volta con una sanzione pari al 100% dell’IVA, con un minimo di 250 euro.

Si auspica che tale disparità di trattamento tra pubblico e privato, in violazione delle norme costituzionali e che costituisce anche un ostacolo di ordine economico, con aggravio di spese amministrative nella gestione della fatturazione elettronica tra privati, venga sanata quanto prima.

 

Social Impact Finance, interessante convegno organizzato a Roma dallo Studio Associato Sarcc presso la Camera dei Deputati

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Roma – L’appuntamento è per Lunedi 15 aprile 2019 alle ore 14 presso la sala del Refettorio della Camera dei Deputati, per un nuovo ed interessante convegno sul tema: “Social Impact Finance – Una piattaforma italiana per la finanza d’impatto”. Molti gli interventi dei qualificati relatori, l’evento sarà moderato dal commercialista Lamberto Mattei.  Per info e accrediti:  l.mattei@studiosarcc.it

Pubblicati dal Ministero delle Finanze i dati relativi alle dichiarazioni redditi/Iva per l’anno 2017

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Roma – Il Ministero delle Finanze ha reso noti dei dati relativi alle dichiarazioni dei redditi persone fisiche (Irpef) e dichiarazioni IVA per l’anno di imposta 2017. Lo staff del dottor Mattei ha analizzato tali risultanze che evidenziano una pluralità di aspetti ed incidenze di interesse generale per l’economia italiana. Motivo per cui si è deciso di pubblicare tali risultanze.

“L’accelerazione impressa negli ultimi anni dal Dipartimento delle Finanze alle procedure di validazione statistica e le innovazioni nel processo legato alla dichiarazione precompilata, avviate dall’Amministrazione Finanziaria nel 2015, consentono di rendere disponibili in modo tempestivo i dati delle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche presentate nel 2018, a pochi mesi dalla scadenza del termine (31 ottobre 2018) e riferite all’anno di imposta 2017.

Quadro generale
E’ utile innanzitutto ricordare i dati macroeconomici dell’anno di riferimento: nel 2017 il PIL ha presentato una crescita del 2% in termini nominali e dell’1,6% in termini reali

Numero di contribuenti Irpef
Circa 41,2 milioni di contribuenti hanno assolto l’obbligo dichiarativo, direttamente attraverso la presentazione dei modelli di dichiarazione “Redditi Persone Fisiche” e “730”, o indirettamente attraverso la dichiarazione dei sostituti d’imposta (Certificazione Unica – CU).
Il numero totale dei contribuenti è aumentato di circa 340.000 soggetti (+0,83%) rispetto all’anno precedente.

Tipo di dichiarazione
Sono 20,7 milioni le persone fisiche che hanno utilizzato il modello 730 con un aumento di oltre 500.000 contribuenti rispetto all’anno precedente; 9,7 milioni di soggetti hanno presentato invece il modello “Redditi Persone Fisiche”, mentre i dati dei restanti 10,8 milioni di contribuenti, non tenuti a presentare direttamente la dichiarazione, sono stati acquisiti tramite il modello CU compilato dal sostituto d’imposta.

Reddito complessivo dichiarato
Il reddito complessivo totale dichiarato ammonta a circa 838 miliardi di euro (-5 miliardi rispetto all’anno precedente, -0,6%) per un valore medio di 20.670 euro, in flessione dell’1,3% rispetto al reddito complessivo medio dichiarato l’anno precedente.
Il calo del reddito complessivo totale e medio è dovuto in parte agli effetti transitori dell’introduzione del regime per cassa per le imprese in contabilità semplificata[3]ed in parte al calo del reddito da lavoro dipendente.
L’analisi territoriale conferma che la regione con reddito medio complessivo più elevato è la Lombardia (24.720 euro), seguita dalla Provincia Autonoma di Bolzano (23.850 euro), mentre la Calabria presenta il reddito medio più basso (14.120 euro); anche nel 2017, quindi, rimane  cospicua la distanza tra il reddito medio delle regioni centro-settentrionali e quello delle regioni meridionali.

Tipologie di reddito dichiarate
I redditi da lavoro dipendente e da pensione rappresentano circa l’84% del reddito complessivo dichiarato, nello specifico, il reddito da pensione rappresenta circa il 30% del totale del reddito complessivo.
Il reddito medio più elevato è quello da lavoro autonomo, pari a 43.510 euro mentre il reddito medio dichiarato dagli imprenditori (titolari di ditte individuali) è pari a 22.110 euro. Il reddito medio dichiarato dai lavoratori dipendenti è pari a 20.560 euro, quello dei pensionati a 17.430 euro. Infine, il reddito medio da partecipazione in società di persone ed assimilate risulta di 18.380 euro. Si ricorda che la quasi totalità dei redditi da capitale è soggetta a tassazione sostitutiva e non rientra pertanto nell’Irpef.
E’ opportuno ribadire che per “imprenditori” nelle dichiarazioni Irpef si intendono i titolari di ditte individuali, escludendo pertanto chi esercita attività economica in forma societaria; inoltre la definizione di imprenditore non può essere assunta come sinonimo di “datore di lavoro” in quanto la gran parte delle ditte individuali non ha personale alle proprie dipendenze. Sarebbe pertanto improprio utilizzare i dati sopra riportati per confrontare i redditi degli “imprenditori” con quelli dei “dipendenti”[6].
L’analisi dell’andamento dei redditi medi delle singole categorie di contribuenti evidenzia che, in confronto al 2016, crescono in misura significativa i redditi medi da lavoro autonomo (+4,2%) e d’impresa (+3,8%, al netto dei soggetti in perdita)[7], anche per effetto delle crescenti adesioni al regime forfetario: la fuoriuscita dalla tassazione ordinaria di imprenditori e lavoratori autonomi di piccole dimensioni, che dichiarano normalmente redditi bassi, determina infatti un aumento del reddito medio dichiarato soggetto a Irpef ordinaria. Cresce anche il reddito medio da partecipazione (+2,2%).
Il reddito medio da pensione mostra una crescita dell’1,5%, confermando il trend degli anni precedenti, mentre il reddito medio da lavoro dipendente accusa una leggera flessione (-0,6%). Tuttavia, se si includono nel reddito medio da lavoro dipendente i premi di produttività, tassati separatamente ad aliquota agevolata, per i quali nel 2017 sono state rivisti ammontare e soglie di fruibilità, la variazione risulta inferiore (-0,4%). In tale ambito, va evidenziato l’aumento del numero di lavoratori con contratti a tempo determinato (+14,7%), presumibilmente a causa del venir meno della decontribuzione per le nuove assunzioni, previste per due anni dal “jobs act” che ha determinato una ricomposizione delle assunzioni a favore di forme contrattuali temporanee. Inoltre, si registrano oltre 294.300 soggetti (1,3% del totale lavoratori dipendenti, con una crescita del 38,4% rispetto al 2016) che hanno richiesto la liquidazione mensile del TFR, per un ammontare di circa 238 milioni di euro (valore medio annuo di 808 euro).
Nel 2017 l’ammontare del reddito da fabbricati soggetto a tassazione ordinaria ammonta a 27,1 miliardi di euro, con una riduzione dell’1,6% rispetto all’anno precedente, a causa dell’aumento della tassazione sostitutiva.

Principali novità
Come già anticipato, la nuova disciplina della tassazione sostitutiva dei premi di produttività, introdotta nel 2016, prevede un innalzamento della soglia del reddito da lavoro dipendente da 50.000 euro a 80.000 euro e dell’ammontare del premio soggetto a tassazione agevolata che passa da 2.000 euro a 3.000 euro e sale a 4.000 euro per le aziende che coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro e se i contratti collettivi aziendali o territoriali sono stati stipulati fino al 24 aprile 2017. Nel 2017 tale agevolazione ha interessato oltre 2,1 milioni di soggetti, ossia un dipendente su dieci, per un ammontare di circa 2,7 miliardi di euro di retribuzione (+35,4% rispetto al 2016). L’agevolazione consiste nella tassazione ad aliquota agevolata del 10% su questa parte di retribuzione.
La Legge di Bilancio 2017 ha introdotto un regime fiscale speciale (disciplina dei neo-residenti) riservato alle persone fisiche che trasferiscono la residenza fiscale in Italia e prevede l’applicazione di un’imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero e calcolata in via forfetaria nella misura di 100.000 euro per ciascun periodo d’imposta in cui risulta valida l’opzione. Dalle dichiarazioni risultano poco meno di 100 soggetti ad aver fruito dell’agevolazione, per un’imposta versata pari a circa 8 milioni di euro.
Per i redditi da locazione è stata estesa la cedolare secca ai comodatari ed affittuari che locano gli immobili per periodi non superiori a 30 giorni (cd. locazione breve) ed inoltre se i contratti sono conclusi con l’intervento di soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, anche attraverso la gestione di portali on-line, è prevista l’applicazione di una ritenuta del 21%. I soggetti che hanno fatto ricorso a tale agevolazione sono oltre 7.200 per un ammontare di 44,4 milioni di euro.
Per l’anno in esame la tassazione sostitutiva ha interessato circa 2,4 milioni di soggetti (+11,5% rispetto al 2016), per un ammontare di imponibile di 14,4 miliardi di euro (+8,1% in caso di aliquota ordinaria e +21,4% in caso di aliquota ridotta per canone concordato) e un’imposta dichiarata di 2,6 miliardi di euro (di cui l’83% derivante da aliquota al 21%).

Imposta netta 
L’imposta netta totale dichiarata è pari a 157,5 miliardi di euro, (+0,9% rispetto all’anno precedente).
Al netto degli effetti del bonus 80 euro, l’imposta netta Irpef risulta pari in media a 5.140  euro e viene dichiarata da circa 30,7 milioni di soggetti, pari a circa il 75% del totale dei contribuenti. Oltre 10,5 milioni di soggetti hanno un’imposta netta pari a zero. Si tratta prevalentemente di contribuenti con livelli reddituali compresi nelle soglie di esenzione, ovvero di coloro la cui imposta lorda si azzera per effetto delle detrazioni riconosciute dal nostro ordinamento. Inoltre, considerando i soggetti la cui imposta netta è interamente compensata dal bonus “80 euro”, i soggetti che di fatto non versano l’Irpef salgono a circa 12,9 milioni.

Analisi per classi di reddito
Analizzando i contribuenti per fasce di reddito complessivo si osserva che il 45% dei contribuenti, che dichiara solo il 4% dell’Irpef totale, si colloca nella classe fino a 15.000 euro; in quella tra i 15.000 e i 50.000 euro si posiziona circa il 50% dei contribuenti, che dichiara il 57% dell’Irpef totale, mentre solo il 5,3% dei contribuenti dichiara più di 50.000 euro, versando il 39,2% dell’Irpef totale.
Si rammenta che i soggetti con un reddito complessivo maggiore di 300 mila euro non sono più tenuti al pagamento del contributo di solidarietà del 3% sulla parte di reddito eccedente tale soglia.

Addizionale Regionale e Comunale
L’addizionale regionale Irpef ammonta nel 2017 a circa 11,9 miliardi di euro (invariata rispetto al 2016). L’addizionale regionale media è pari a 410 euro. Il valore più alto si registra nel Lazio (610 euro), il valore più basso si rileva in Basilicata (270 euro).
L’addizionale comunale ammonta invece complessivamente a 4,8 miliardi di euro, in aumento dello 0,8% rispetto al 2016, con un importo medio pari a 190 euro, che varia dal valore massimo di 250 euro nel Lazio, al valore minimo di 60 euro nella Provincia autonoma di Bolzano.

Dichiarazioni IVA

Da questa annualità la pubblicazione dei dati delle dichiarazioni ai fini IVA viene anticipata al mese di marzo, a seguito dell’anticipo della scadenza per la presentazione della dichiarazione IVA.
Sono circa 4,8 milioni i contribuenti che hanno presentato la dichiarazione Iva per l’anno d’imposta 2017, in calo rispetto all’anno precedente (-2,8%), a causa principalmente della mancata presentazione della dichiarazione da parte dei soggetti che hanno aderito al regime forfetario.
Le operazioni imponibili dichiarate per l’anno d’imposta 2017 sono pari a 2.103 miliardi di euro (+0,9% rispetto al 2016), mentre il volume d’affari dichiarato è pari a 3.417 miliardi di euro, in aumento del 4,3%.
Per l’anno d’imposta 2017, l’Iva di competenza stimata è risultata pari a 88,8 miliardi di euro. Il dato non risulta confrontabile con quello dell’anno precedente[8], in quanto il procedimento di calcolo è stato oggetto di importanti affinamenti, per accogliere le importanti modifiche normative intervenute nel 2017.
L’anno di imposta in esame ha visto, infatti, a partire dal 1° luglio 2017, l’estensione del meccanismo dello split payment anche alle operazioni effettuate nei confronti delle società controllate da pubbliche amministrazioni centrali e locali, nonché delle società quotate incluse nell’indice FTSE MIB. Dalle dichiarazioni relative all’anno d’imposta 2017, sono 505.855 i contribuenti (+51 % rispetto al 2016) che hanno effettuato operazioni in split payment per un ammontare di 198,3 miliardi di euro (+68%). Da un’analisi per settore economico si può osservare che il 54% dell’ammontare è concentrato in quattro settori: energetico (16,3%), manifatturiero (15%), costruzioni (11,3%) e commercio (11,3%).
Uno degli effetti dell’estensione dello split payment, che determina  per i fornitori il mancato incasso dell’Iva sulle cessioni, non consentendo le compensazioni con i crediti generati dall’Iva pagata sugli acquisti, è stato l’incremento delle posizioni creditorie dei contribuenti.  Il “Totale Iva a credito” passa dai 42,851 miliardi di euro del 2016 ai 48,841 miliardi di euro del 2017, con un incremento del 14%, l’ammontare complessivo del “Credito da computare in detrazione e/o in compensazione nell’anno successivo” è risultato pari a 40,733 miliardi, incrementandosi, quindi, del 12,3%; il rimborso annuale richiesto è stato pari a 7,8 miliardi con un incremento del 13,8%, mentre il rimborso infrannuale utilizzato ammonta a 4,4 miliardi, incrementandosi del 15,4%. Come rilevato in una precedente analisi statistica disponibile sul sito del Dipartimento delle Finanze, è inoltre aumentata la rapidità dei rimborsi IVA da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Le sopracitate situazioni creditorie sono collegate anche all’applicazione del meccanismo del “reverse charge”. I settori di attività più interessati dall’applicazione di tale meccanismo risultano quello energetico, per il quale si rilevano gli importi più elevati (operazioni per circa 112 miliardi di euro) e il subappalto edile per il quale si registra il numero più elevato di operatori coinvolti (oltre 250.000 soggetti).
Con l’anno d’imposta 2017 è stata introdotta la “Comunicazione delle liquidazioni periodiche IVA”, da presentare entro l’ultimo giorno del secondo mese successivo ad ogni trimestre con l’obiettivo di agevolare la verifica tempestiva dell’adeguatezza dei versamenti effettuati.
In armonia con tale innovazione, il modello di dichiarazione annuale è stato modificato in modo da non consentire più la traslazione nel versamento annuale di Iva periodicamente dovuta e non versata. Dalle dichiarazioni IVA/2018 emerge un incremento di 1,7 miliardi di versamenti effettuati alla loro corretta scadenza periodica.”

 

Organi di controllo delle s.r.l. il commercialista Lamberto Mattei: “attenzione alla decorrenza dei nuovi obblighi”

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Roma – Dubbi interpretativi rigurdano l’aspetto normativo degli organi di controllo nelle s.r.l. Lo staff del commercialista Lamberto Mattei, a pochi giorni dell’entrata in vigore dei nuovi obblighi chiarisce in lungo ed in largo la natura della normativa. “La nuova formulazione dell’articolo 2477 cod. civ., in vigore dal 16 marzo, – si legge in una ricerca – rivoluziona le logiche relativa alla necessità di prevedere l’organo di controllo nelle società: è prevista una specifica disposizione in merito alla decorrenza delle previsioni relative alla necessità di adeguare lo statuto sociale, con un differimento al 16 dicembre che non è detto riguardi anche la nomina del sindaco o del revisore. Sul punto, comunque, la relazione di accompagnamento sembrerebbe consentire il rinvio al 16 dicembre.

Lo scorso 16 marzo 2019 sono entrate in vigore le nuove previsioni contenute nell’articolo 379 D.Lgs. 14/2019, che sono intervenute a modificare l’articolo 2477 cod. civ., disposizione che regolamenta l’obbligo di istituzione dell’organo di controllo nelle società (il codice della crisi entra effettivamente in vigore il 15 agosto 2020, ma per alcune previsioni, come quella in commento, viene espressamente fissata l’efficacia al 16 marzo 2019). L’articolo 379 D.Lgs. 14/2019 revisiona in molte parti la disciplina del controllo societario.

In particolar modo viene modificato il presupposto che innesca l’obbligo di nomina del sindaco o del revisore(quello dimensionale, previsto alla lett. c) dell’articolo 2477 cod. civ.): mentre in precedenza era disposto un rinvio all’articolo 2435-bis cod. civ. (quindi l’obbligo di nomina ricorreva quando la società sforava i limiti per l’utilizzo del bilancio in forma abbreviata, diventando conseguentemente soggetta all’obbligo di redazione del bilancio in forma ordinaria), oggi vengono individuati dei parametri del tutto autonomi da quelli riguardanti la scelta della forma di bilancio. Si tratta infatti di verificare il limite di 2 milioni di euro per attivo o ricavi, o ancora il numero medio di 10 dipendenti, ma, soprattutto, la norma afferma che è sufficiente il superamento anche solo di uno dei parametri citati, per due periodi consecutivi.

L’articolo 379, comma 3, D.Lgs. 14/2019 contiene una disciplina transitoria e dispone quanto segue: “Le società a responsabilità limitata e le società cooperative costituite alla data di entrata in vigore del presente articolo, quando ricorrono i requisiti di cui al comma 1, devono provvedere a nominare gli organi di controllo o il revisore e, se necessario, ad uniformare l’atto costitutivo e lo statuto alle disposizioni di cui al predetto comma entro nove mesi dalla predetta data. Fino alla scadenza del termine, le previgenti disposizioni dell’atto costitutivo e dello statuto conservano la loro efficacia anche se non sono conformi alle inderogabili disposizioni di cui al comma 1. Ai fini della prima applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 2477 del codice civile, commi secondo e terzo, come sostituiti dal comma 1, si ha riguardo ai due esercizi antecedenti la scadenza indicata nel primo periodo”. Il primo elemento da segnalare è il fatto che, per valutare l’applicazione delle nuove previsioni in sede di prima applicazione, occorre osservare i bilanci 2017 e 2018, quindi di fatto il problema si pone immediatamente. Il punto centrale è però il rinvio di 9 mesi, che pone la scadenza degli adempimenti al 16 dicembre 2019.

Proprio su questo punto occorre proporre un’osservazione: non pare affatto scontato che la formulazione normativa riportata consenta di rinviare a dicembre la nomina del revisore, ma piuttosto parrebbe riferirsi solo alla necessità dell’adeguamento dello statuto e dell’atto costitutivo.

Letteralmente, infatti, la previsione pare divisa in due parti autonome e, si potrebbe concludere, il differimentocontenuto al termine del periodo in commento dovrebbe riguardare solo l’adeguamento degli statuti e non la nomina del sindaco o del revisore.

Se questa fosse la lettura corretta, ricordando che fino all’aggiornamento degli statuti l’attuale contenuto mantiene validità anche se non conforme alle previsioni dell’attuale articolo 2477 cod. civ., in taluni casi occorrerebbe già da subito preoccuparsi della nomina del revisore. In particolare:

  • se lo statuto oggi richiama i limiti previsti dall’articolo 2435-bis cod. civ. quella previsione statutaria mantiene validità, almeno sino al momento in cui sarà adeguato lo statuto, quindi al più tardi entro il 16 dicembre. Pertanto, sino al 16 dicembre, l’assemblea può procrastinare la nomina dell’organo di controllo;
  • al contrario, nei casi in cui lo statuto facesse un generico richiamo all’articolo 2477 cod. civ., in sede di approvazione del bilancio 2018 (al superamento dei limiti) si sarebbe già nelle condizioni di nominare l’organo di controllo/revisore, nomina che dovrà avvenire a cura dell’assemblea entro 30 giorni dall’approvazione del bilancio stesso.

Va però segnalato che, a commento dell’articolo 379, la relazione accompagnatoria al D.Lgs. 14/2019 afferma: “Il comma 3, sulla base di un’osservazione della II Commissione (Giustizia) della Camera, fissa in nove mesi il termine entro il quale le società interessate all’intervento dovranno provvedere alla compiuta costituzione degli organi di controllo. Un termine più ampio non garantirebbe il pieno funzionamento degli organi alla data di entrata in vigore della riforma e, soprattutto, dei sistemi di allerta. L’ultimo comma allinea l’articolo 92 delle disposizioni di attuazione del codice civile alla modifica concernente l’ambito applicativo dell’articolo 2409 c.c. prevista dal comma 2”.

La relazione accompagnatoria, quindi, pare rendere applicabile il differimento di 9 mesi anche all’obbligo di nomina dell’organo di controllo.

Sul punto vale comunque la pena osservare che, se già la società ha coscienza di aver superato i limiti fissati dall’articolo 2477 cod. civ., forse vale la pena provvedere già da subito alla nomina del revisore; questo, oltre a essere un atteggiamento cauto nella interpretazione della disposizione richiamata, certamente facilita anche l’attività del revisore designato, che ha quindi la possibilità di iniziare la propria attività di controllo con le verifiche periodiche già nel corso del 2019, piuttosto che trovarsi a dover valutare a posteriori il bilancio relativo ad una annualità sostanzialmente già chiusa.” Per ogni info ulteriore si può contattare lo Studio SARCC