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I correttivi della Riforma dello Sport pubblicati in Gazzetta Ufficiale

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Roma 7 sett 2023 – È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale n.206 del 04/09/2023 il Decreto Legislativo in tema di enti e lavoratori sportivi, che interviene con modifiche sui precedenti decreti legislativi 28 febbraio 2021, nn. 36, 37, 38, 39 e 40 attuativi della riforma dello sport (Legge delega n. 86 2019).

Il Decreto costituisce uno strumento significativo nella promozione e nello sviluppo dello sport in Italia ed è il risultato di un lungo processo di consultazione e collaborazione con gli stakeholder del mondo dello sport, tra cui atleti, federazioni sportive, organizzazioni non profit e altri attori chiave.

L’obiettivo principale di questa riforma è quello di creare un ambiente sportivo più equo, sostenibile ed inclusivo per tutti i cittadini italiani.

Una riforma che da una parte riconosce diritti e dignità al lavoro sportivo e dall’altra consente ai datori di lavoro di vedere semplificati gli adempimenti, costruita sui tre pilastri delle tutele, della semplificazione e della trasparenza.

“Ora – spiega il dottore commercialista Lamberto Mattei – occorre attivare monitoraggi sugli effetti applicativi e proporre soluzioni normative alle criticità riscontrate”.

Società estinte, Cassazione: “soci responsabili dei debiti fiscali”

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Roma 5 sett 2023 – In caso di cancellazione di una società a responsabilità limitata a ristretta base partecipativa dal registro delle imprese, i soci diventano responsabili dei debiti maturati dalla Srl nei confronti dell’Erario anche se non hanno ricevuto utili in sede di liquidazione. Corretta, quindi, la pretesa tributaria dell’ufficio basata su una serie di presunzioni gravi, precise e concordanti.
È quanto afferma la Cassazione con l’ordinanza n. 20840 del 18 luglio 2023.

La controversia processuale ha preso le mosse dai ricorsi, proposti da quattro contribuenti (ricoprenti, a vario titolo, qualifiche di soci e legali rappresentanti di corrispondenti società) avverso avvisi di accertamento per maggiori imposte relative all’anno di imposta 2006.

Le impugnazioni venivano parzialmente accolte dalla Ctp di Padova il cui esito, appellato dinanzi la Commissione tributaria regionale del Veneto, veniva ribaltato con il rigetto del gravame di parte e l’accoglimento di quello incidentale dell’ufficio.

In particolare, i giudici di seconde cure, dopo aver affermato che, a seguito dell’estinzione della Srl “Alfa”, i soci succedevano ad essa nei debiti tributari verso l’Erario e che anche il liquidatore della società era responsabile nei confronti del fisco, in quanto consapevole di aver posto in essere operazioni economiche con lo scopo di sottrarre all’imposizione una parte degli utili conseguiti dalla società, riconoscevano la fondatezza della pretesa tributaria, basata su una serie di presunzioni gravi, precise e concordanti.

Inoltre, il comportamento antieconomico della società, lo scostamento dal valore normale del prezzo di vendita degli immobili, la differenza tra tale prezzo e quello di immobili similari, risultante da preliminari di compravendita, perizie di stima e corrispondenza con istituti bancari, costituivano elementi che rendevano legittimo, secondo la Ctr, la determinazione da parte dell’ufficio del prezzo di vendita in un importo pari al valore normale dei beni.
Infine, la stessa Commissione tributaria regionale riteneva applicabile al caso la presunzione di distribuzione ai soci degli utili extracontabili della Srl a ristretta base e la non necessità che fosse divenuta definitiva la sentenza emessa nei confronti della società in controversia relativa all’accertamento di tali utili.

I contribuenti impugnavano la sentenza in Cassazione sulla base di quattro motivi ai quali replicava l’ufficio con controricorso.
I giudici di legittimità, con l’ordinanza in commento, hanno rigettato i ricorsi di parte condannando i contribuenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità a favore dell’Erario.
In particolare, la Cassazione ha affrontato e deciso su una serie di principi di diritto che, nel corso del tempo, si sono affastellati nell’ambito delle vicende controverse portate al suo vaglio.

La responsabilità dei liquidatori e degli amministratori per le imposte non pagate con le attività della liquidazione, prevista dall’articolo 36 del Dpr n. 602/1973, è una fattispecie autonoma che sussiste in presenza dei requisiti normativi e non prevede alcuna successione o coobbligazione nei debiti tributari per effetto della cancellazione della società dal registro delle imprese.
Nel caso specifico, la Ctr ha ritenuto che si fossero realizzati i requisiti di legge previsti dal citato articolo 36 nei confronti del liquidatore (a sua volta socio de “La Beta” Srl, che deteneva il 66,67% di “Alfa” Srl).
Per quanto riguardava la responsabilità dei soci, la stessa Commissione regionale ha affermato che, nel caso di estinzione della società, il socio resta responsabile per l’intero debito tributario in contestazione, in base al fenomeno successorio tra la società estinta e i soci (ex articolo 2495 cc) e ciò indipendentemente dall’attribuzione di utili in sede di liquidazione.

Secondo l’indirizzo prevalente della Corte suprema, l’utile partecipazione alla distribuzione dell’attivo liquidato non costituisce presupposto costitutivo della successione del socio: la tesi, affacciatasi in alcune pronunce successive alle pronunce del 2013 nn. 6070 e 6071 delle sezioni unite (in particolare, Cassazione, n. 13259/2015, n. 23916/2016, n. 2444/2017, n. 15474/2017), si pone in realtà non in linea con l’insegnamento della Cassazione, come correttamente evidenziato, anzitutto, dalle pronunce n. 5988/2017 nonché da n. 9094/2017, che sottolinea come il socio sia comunque destinato a subentrare nella posizione debitoria e che addirittura la mancata utile partecipazione, ut supra, non consenta neanche di escludere a priori lo stesso interesse ad agire del creditore (si veda anche Cassazione n. 20358/2015: il fenomeno successorio non può essere escluso in base al solo esame del bilancio di liquidazione; vedi anche Cassazione n. 15035/2017, n. 9672/2018; n. 14446/2018; n. 897/2019; n. 12758/2020 e, da ultimo, a sezioni unite, pronunce n. 619/2021, n. 31904/2021,  n. 10337/2021 e n. 10678/2022).

Le stesse sezioni unite con la pronuncia n. 6071/2013, prima citata, hanno affermato, tra l’altro, che “quando il debitore è un ente collettivo, non v’è ragione per ritenere che la sua estinzione (…) non dia ugualmente luogo ad un fenomeno di tipo successorio, sia pure sui generis, che coinvolge i soci ed è variamente disciplinato dalla legge a seconda del diverso regime di responsabilità da cui, pendente societate, erano caratterizzati i pregressi rapporti sociali. Nessun ingiustificato pregiudizio viene arrecato alle ragioni dei creditori, del resto, per il fatto che i soci di società di capitali rispondono solo nei limiti dell’attivo loro distribuito all’esito della liquidazione”.

Pertanto, nel caso in esame, in cui si controverte della distribuzione degli utili extrabilancio della società a ristretta base partecipativa, la statuizione del giudice di appello risulta condivisibile, in quanto l’Amministrazione finanziaria può agire contro gli ex soci di una società estinta anche se non hanno percepito utili in sede di liquidazione dell’ente.

Infatti, la possibilità di sopravvenienze attive o l’esistenza di diritti non contemplati nel bilancio finale giustificano l’interesse dell’Agenzia delle entrate a procurarsi un titolo in considerazione della natura dinamica dello stesso interesse (Cassazione, n. 10337/2021, n. 10678/2022 e n. 26758/2022, che ha enunziato il principio che va ribadito, secondo cui “in tema di società di capitali a ristretta base partecipativa, l’estinzione della società, conseguente alla sua cancellazione dal registro delle imprese, determinando un fenomeno di tipo successorio, non fa venir meno l’interesse dei creditori sociali (nella specie, l’Agenzia delle Entrate) ad agire ed a procurarsi un titolo nei confronti dei soci della società estinta, a prescindere dall’utile partecipazione di essi alla ripartizione finale, potendo comunque residuare beni e diritti (nella specie, utili extracontabili) che, ancorché non ricompresi nel bilancio finale di liquidazione, si sono trasferiti ai soci»).

Come correttamente rilevato dall’Agenzia delle entrate, il Collegio di piazza Cavour ha avuto modo di precisare che “La presunzione di riparto degli utili extrabilancio tra i soci di una società di capitali a ristretta base partecipativa, non è neutralizzata dallo schermo della personalità giuridica, ma estende la sua efficacia a tutti i gradi di organizzazione societaria per i quali si riscontri la ristrettezza della compagine sociale, operando il principio generale del divieto dell’abuso del diritto, che trova fondamento nei principi costituzionali di capacità contributiva e di eguaglianza, nonché nella tendenza all’oggettivazione del diritto commerciale ed all’attribuzione di rilevanza giuridica all’impresa, indipendentemente dalla forma giuridica assunta dal suo titolare. (Fattispecie relativa a società a responsabilità limitata partecipata per il 10 per cento da un socio e per il 90 per cento da una società per azioni, della quale erano soci, al 5 per cento, la persona fisica già socia della società a responsabilità limitata e, per il 95 per cento, il coniuge)» (Cass. 13338/2009).

Sulla legittimità di tale presunzione, questa Corte ha costantemente ritenuto che “l’accertata dichiarazione o esposizione in bilancio di costi fittizi, da parte di una società di capitali a ristretta base partecipativa, è di per sé sufficiente a far presumere l’esistenza di un maggior reddito imponibile in misura pari ai costi fittiziamente dichiarati, senza alcuna necessità per l’amministrazione finanziaria di dimostrare che dal maggior reddito siano derivati maggiori utili distribuibili ai soci, e ferma restando la possibilità, per il contribuente, di fornire la prova contraria” (Cassazione n. 10679/2022).
Pertanto, il fatto che nella compagine sociale della società a ristretta base “Alfa” Srl vi sia un’altra società a responsabilità limitata (la “Beta” Srl), a sua volta a ristretta base, non esclude la presunzione di riparto degli utili extrabilancio tra i soci.

Bonus librerie, in scadenza il termine per presentare le richieste

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Roma 1 sett 2023 – È prossima la scadenza la data per accedere  al tax credit librerie per l’anno 2022. Le domande, , possono essere presentate dalle ore 9 dell’11 settembre e fino alle 12 del 31 ottobre 2023, esclusivamente attraverso l’apposito portale, previa registrazione. Chi ha effettuato l’accesso nello scorso anno deve in ogni caso rinnovare l’abilitazione.

Primi destinatari, i piccoli librai
L’agevolazione, introdotta dalla legge di bilancio 2018 (articolo 1, commi da 319 a 321) è destinata agli esercenti del settore della vendita al dettaglio di libri, nuovi o usati, in esercizi specializzati, con un particolare occhio di riguardo nei confronti dei piccoli librai. Il bonus, infatti, arriva fino a 20mila euro per le librerie indipendenti, non appartenenti a gruppi editoriali, mentre per gli altri il limite massimo è di 10mila euro.

Contributo rapportato ai tributi locali
Il credito d’imposta, prevede la norma, è parametrato, per ogni punto vendita, alle spese sostenute per i locali in cui l’attività agevolata è svolta, a titolo di Imu, Tasi, Tari, imposta sulla pubblicità, tassa per l’occupazione del suolo pubblico, locazione (al netto dell’Iva), mutui e contributi previdenziali e assistenziali versati per il personale dipendente. Come ricordato dalla circolare dell’Agenzia delle entrate n. 14/2022, va considerato che la Tasi non è più in vigore e che l’imposta sulla pubblicità e la tassa di occupazione del suolo pubblico sono confluite nel canone patrimoniale di concessione autorizzazione o esposizione pubblicitaria (canone unico) che riunisce, pertanto, in una sola forma di prelievo le entrate relative all’occupazione di aree pubbliche e alla diffusione di messaggi pubblicitari. Le regole per l’assegnazione del credito massimo sono definite nell’allegato al decreto interministeriale 23 aprile 2018 attuativo della misura, in particolare: nella Tabella 1 è indicato il massimale per ogni voce di spesa, nella Tabella 2 la percentuale valida per quantificare il credito d’imposta teorico spettante in relazione alle voci di costo utilizzate.

Tra i requisiti, la sede in Italia e la vendita di libri come attività primaria
Presupposti di accesso al beneficio sono:

  • sede legale nello Spazio economico europeo
  • residenza fiscale o stabile organizzazione in Italia con riferimento all’attività commerciale agevolata
  • classificazione Ateco principale 47.61 (libri nuovi) o 47.79.1 (libri usati), come risultante dal registro delle imprese al momento di presentazione della domanda
  • avere avuto nell’esercizio finanziario precedente ricavi derivanti da cessione di libri, anche usati, pari ad almeno il 70% dei ricavi complessivamente dichiarati.

Il bonus viaggia con l’F24
Il credito d’imposta può essere utilizzato solo in compensazione presentando il modello F24 esclusivamente attraverso i servizi telematici dell’Agenzia delle entrate, pena lo scarto dell’operazione di versamento (codice tributo “6894”).
Il contributo ricevuto deve essere indicato sia nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di riconoscimento del credito sia in quella relativa al periodo di imposta in cui la somma è utilizzata, evidenziando distintamente l’importo riconosciuto e maturato e quello speso.

La direzione generale Biblioteche e Diritto d’autore ricorda che anche quest’anno il richiedente deve specificare la dimensione dell’impresa (micro, piccola, media, grande). Per avere istruzioni dettagliate, sul sito della Dg è disponibile la guida alla compilazione della domanda. La pubblicazione, tuttavia, precisa l’avviso online, è a solo scopo esemplificativo e potrebbe differire lievemente, nella forma grafica e in alcune denominazioni rispetto alla domanda attualmente in rete.

Nuovo regime Iva nello sport: caratteristiche e adempimenti (di Lamberto Mattei)

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Roma 30 ago 2023 – In un precedente intervento sulla rivista Fiscoetasse,  avevamo posto in evidenza come, dal 1° gennaio 2024, a norma dell’art. 5, comma 15-quater, lett. b), n. 2), del D.L. n. 146/2021, sarebbero state da considerate esenti (con applicazione dell’art. 10 D.P.R. n. 633/19721 ) tutte le prestazioni di servizi rese dalle ASD «strettamente connesse con la pratica dello sport o
educazione fisica», comprese quelle svolte a favore di soggetti non tesserati.

In particolare, si evidenziava come tale nuova previsione fosse stata prevista al fine di allineare la disciplina Iva alla normativa UE e come, ad ogni modo, la stessa facesse riferimento solamente alle ASD, tralasciando ogni riferimento anche alle Società sportive dilettantistiche (SSD) che, come sappiamo, sono assimilate alle prime in termini di finalità, obiettivi e
trattamento giuridico di favore. Con estrema solerzia, va sottolineato, anche a seguito di talune osservazioni sollevate dalle categorie di operatori maggiormente rappresentative del settore, la Legge 10 agosto 2023, n. 112, di conversione in legge del D.L. 22 giugno 2023, n. 75 (cd. decreto PA-bis), ha inserito l’art. 36-bis al citato D.L. n. 75/2023 – già in vigore alla data del 17 agosto u.s. – che, sostanzialmente riconduce tutti i servizi connessi con la pratica sportiva, ivi inclusi quelli didattici e formativi, nel regime di esenzione Iva.

La nuova norma, che si caratterizza anche per i connotati di disposizione di interpretazione autentica, stabilisce, al comma 1, che “Le prestazioni di servizi strettamente connessi con la pratica dello sport, compresi quelli didattici e formativi, rese nei confronti delle persone che esercitano lo sport o l’educazione fisica da parte di organismi senza fine di lucro, compresi gli enti sportivi dilettantistici di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 36, sono esenti dall’imposta sul valore aggiunto.”

Inoltre, il comma 2 della disposizione in commento, precisa che: “Le prestazioni dei servizi didattici e formativi di cui al comma 1, rese prima della data di entrata in vigore della legge di
conversione del presente decreto, si intendono comprese nell’ambito di applicazione dell’articolo 10, primo comma, numero 20), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633”.

IL NUOVO REGIME DI ESENZIONE IVA DELLO SPORT
Il primo comma della disposizione, come accennato, ha la finalità di rettificare la disposizione
di cui all’art. 5, comma 15-quater, del D.L. n. 146/2021, destinata ad entrare in vigore il 1°
1 Mentre prima erano “fuori campo” Iva ex art. 4, comma 4, decreto Iva.
luglio 2024 (a seguito della proroga disposta a mente del D.L. n. 51/2023) che, come
accennato, nel riordinare il sistema Iva degli enti non commerciali, in attuazione alla procedura
di infrazione Ue n. 2008/2010, aveva ricondotto nel regime di esenzione le prestazioni svolte
dalle sole ASD.
Va rilevato come la predetta procedura d’infrazione abbia avuto ad oggetto il “Non corretto
recepimento della Direttiva 2006/112/CE (Direttiva IVA)” e abbia preso le mosse dal
presupposto che alcune norme del D.P.R. n. 633/1972 (tra le quali l’art. 4) sono risultate in
contrasto con la disciplina comunitaria, avendo queste escluso dall’applicazione dell’imposta
alcune operazioni che dovrebbero esserne “assoggettate” o, quantomeno, “esentate”.
Si evidenzia che la norma parla di prestazioni di servizi “strettamente connessi” compresi i
servizi didattici e di formazione con la conseguenza che appare inevitabile l’assimilazione alla
classificazione operata, in chiave sistematica, dall’Agenzia delle entrate nella circolare n. 18/E
del 2018 tra attività commerciali “strutturalmente funzionali” all’attività sportiva dilettantistica
e quelle non connotate da tale requisito.
Rientrano trai proventi delle attività commerciali connesse con gli scopi istituzionali, secondo
l’Agenzia delle entrate, i proventi delle attività commerciali strutturalmente funzionali
all’attività sportiva dilettantistica tra i quali, a titolo esemplificativo, possono annoverarsi i
proventi derivanti dalla somministrazione di alimenti e bevande effettuata nel contesto dello
svolgimento dell’attività sportiva dilettantistica, dalla vendita di materiali sportivi, di gadget
pubblicitari, dalle sponsorizzazioni, dalle cene sociali, dalle lotterie, ecc.
Secondo l’Agenzia delle entrate, l’attività connessa agli scopi istituzionali è quella che
costituisce il naturale completamento degli scopi specifici e particolari che caratterizzano l’ente
sportivo dilettantistico senza scopo di lucro2
.
Il nuovo regime riguarda le prestazioni di servizi, ma è chiaro che le cessioni di beni accessorie
alle stesse prestazioni (es., la messa a disposizione di attrezzature, strumenti tecnici,
protezioni, ecc…) seguono lo stesso regime della prestazione principale (vgs. art. 12 D.P.R. n.
633/1972.
Altra riflessione concerne il fatto che la disposizione, per quanto già rilevato, non può riferirsi
alle prestazioni di pubblicità e sponsorizzazione. Peraltro, la presenza di un intento
pubblicitario o di sponsorizzazione determina l’esclusione dal regime agevolativo come chiarito
con la citata circolare n. 18/E del 2018, secondo cui non possono essere considerate attività
commerciali connesse con gli scopi istituzionali quelle dirette alla vendita di beni o alla
prestazione di servizi per le quali l’ente si avvalga di strumenti pubblicitari o comunque di
diffusione di informazioni a soggetti terzi, diversi dagli associati, ovvero utilizzi altri strumenti
propri degli operatori di mercato come, ad esempio, insegne, marchi distintivi, o locali
2
Sono da escludere quindi dalle attività connesse agli scopi istituzionali, secondo l’Amministrazione finanziaria,
le prestazioni relative, ad al bagno turco e all’idromassaggio in quanto dette prestazioni non si pongono
direttamente come naturale completamento dell’attività sportiva, potendo le stesse invece, essere rese anche
separatamente e indipendentemente dall’esercizio di detta attività. Diversamente, rientrano nel perimetro
agevolativo, l’utilizzo dei campi da gioco, degli spogliatoi, degli armadietti e di altre strutture/beni dell’ente
sportivo dilettantistico non lucrativo, purché tali prestazioni siano strettamente finalizzate alla pratica sportiva
così come delineata dai programmi dell’dai programmi dell’organismo affiliante (Federazione Sportiva
Nazionale, Ente di affiliante (Federazione Sportiva Nazionale, Ente di Promozione Sportiva, Disciplina Sportiva
Associata).Promozione Sportiva, Disciplina Sportiva Associata).
attrezzati secondo gli standard concorrenziali di mercato, al fine di acquisire una clientela
estranea all’ambito associativo.
LE ATTIVITA’ FORMATIVE
Il secondo comma della norma, invece, è palesemente diretto a chiarire l’ambito applicativo
dell’esenzione di cui all’art. 10, comma 1, n. 20, del decreto Iva concernente “le prestazioni
educative dell’infanzia e della gioventù e quelle didattiche di ogni genere, anche per la
formazione, l’aggiornamento, la riqualificazione e riconversione professionale, rese da istituti
o scuole riconosciuti da pubbliche amministrazioni e da enti del Terzo settore di natura non
commerciale(…)” a seguito di talune criticità sollevate dalla giustizia comunitaria.
Nel merito, la Corte di Giustizia UE, con la sentenza causa C-319/12 del 28 novembre 2013,
nell’interpretare l’art. 132, par. 1, lett. i) della Direttiva 2006/112/CE, ha precisato, tra l’altro,
che “i servizi educativi e formativi” di qualsiasi genere, ivi compresi quelli diretti
all’insegnamento di pratiche sportive, “sono esentati solo se effettuati da enti di diritto
pubblico aventi uno scopo di istruzione o da altri organismi riconosciuti dallo Stato membro
interessato aventi finalità simili, sempre che questi organismi privati perseguano finalità simili
a quelle degli organismi pubblici”.
La nuova diposizione, dunque, supera l’impostazione, peraltro diffusamente perseguita
dall’Agenzia delle entrate in alcune posizioni di prassi3
, secondo cui determinate attività
formative di carattere sportivo, sebbene praticate da Associazioni sportive dilettantistiche, non
possono essere riconducibili nell’ambito dell’esenzione dall’IVA, in quanto, fermo restando
l’eventuale sussistenza del requisito soggettivo da parte dell’ente riconosciuto dalla
Federazione di competenza, risulterebbero carenti del presupposto oggettivo riferito alla
definizione e qualificazione della nozione “di insegnamento scolastico o universitario” ai sensi
dell’art. 132, par. 1, lett. i) e j), della Direttiva 2006/112, che, secondo la giurisprudenza della
Corte di Giustizia UE deve essere connotato dalla diffusione di “un sistema integrato di
conoscenze e competenze avente ad oggetto un insieme ampio e diversificato di materie,
nonché all’approfondimento e allo sviluppo di tali conoscenze e di tali competenze da parte
degli allievi e degli studenti”.
CONCLUSIONI
In definitiva, il nuovo regime di esenzione Iva si inserisce in via sostitutiva rispetto alla regola
della esclusione del campo di applicazione dell’imposta con la conseguenza che, rispetto alla
previgente situazione (nel caso in cui per l’ente era sufficiente emettere – più per ragioni di
opportunità e di controllo di gestione interno che per obbligo di legge – una ricevuta non
fiscale per le quote ricevute), di assoggettare i soggetti destinatari della previsione a tutti gli
adempimenti previsti dal D.P.R. n. 633/1972, quali l’emissione di scontrino o fattura, la tenuta
dei registri Iva, la comunicazione delle liquidazioni periodiche, la dichiarazione Iva, la tenuta
3 Cfr., a titolo esemplificativo, Risposte a Interpello nn. 393/2022, 162/2020.
della contabilità separata), salvo l’esercizio dell’opzione per la dispensa dagli adempimenti Iva
ex art. 36-bis (esclusiva presenza di operazione esenti)4
.
È una novità importante per il mondo sportivo giacché attualmente la maggior parte delle
entrate in questione (corrispettivi specifici e quote supplementari) rientra nel regime di
esclusione Iva previsto dall’art. 4 del decreto Iva.

Auto elettriche ai dipendenti: tassati i rimborsi per le ricariche

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ROMA 28 AGO 2023 – I rimborsi erogati dal datore di lavoro ai propri dipendenti, per le spese di energia elettrica finalizzate alla ricarica degli autoveicoli assegnati in uso promiscuo, costituiscono reddito di lavoro dipendente da assoggettare a tassazione. Non rientrano, infatti, nelle deroghe al principio di onnicomprensività del reddito stabilite dall’articolo 51 del Tuir.

Lo afferma l’Agenzia delle entrate con la risposta n. 421 del 25 agosto 2023, fornita ad una società, la quale assegna ai propri dipendenti, in uso promiscuo, autovetture a trazione integralmente elettrica o ibrida, per le quali intende riconoscere, agli stessi dipendenti, il rimborso delle spese sostenute per la ricarica elettrica del veicolo assegnato effettuata presso la propria abitazione.
La società, in particolare, ritiene che le spese in argomento, da quantificare con criteri oggettivi, debbano essere escluse da imposizione fiscale (ex articolo 51, comma 4 lettera a), del Tuir) se rimborsate dall’azienda, in quanto costituiscono anticipazione per conto del datore di lavoro.
Inoltre, a parere dell’istante, anche gli oneri sostenuti dagli assegnatari per il costo delle infrastrutture (wallbox, colonnine di ricarica, contatore a defalco), se rimborsati dall’azienda, devono essere esclusi da tassazione.

L’Agenzia, dopo aver ricordato che il richiamato articolo 51, in generale, sancisce il ”principio di onnicomprensività” del reddito di lavoro dipendente, in base al quale sia gli emolumenti in denaro sia i valori corrispondenti ai beni, ai servizi e alle opere “offerti” dal datore di lavoro ai propri dipendenti costituiscono redditi imponibili e, in quanto tali, concorrono alla determinazione del reddito di lavoro dipendente, ammette che la stessa disposizione individua, tuttavia, specifiche deroghe al principio di onnicomprensività, elencando le componenti reddituali che non concorrono a formare la base imponibile o vi concorrono solo in parte.

Crisi d’impresa, nuovi limiti per il ricorso all’omologa forzosa (cram down)

By | Approfondimenti | No Comments

Roma 24 ago 2023 – La disciplina della transazione dei crediti fiscali e contributivi contenuta nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII – Dlgs n. 14/2019) prevede che il debitore possa proporre il pagamento, parziale o anche dilazionato, dei tributi e dei relativi accessori amministrati dalle agenzie fiscali e dei contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie (Inps e Inail).
È possibile quindi che tale proposta non trovi l’adesione dei creditori pubblici, in tale ipotesi, è lo stesso Codice a prevedere, all’articolo 63, il rimedio dell’omologa forzosa (cram down) che consente al tribunale, verificata la sussistenza di determinate condizioni, di procedere all’omologa della proposta presentata dal debitore, anche in assenza della predetta adesione.

Il verificarsi nella pratica di omologhe forzose di accordi di ristrutturazione particolarmente penalizzanti per i grandi creditori istituzionali (con il riconoscimento a favore di quest’ultimi di percentuali di soddisfacimento irrisorie) ha portato il legislatore a intervenire sul fenomeno per ricondurlo a “valori” accettabili.
Con un emendamento al Dl n. 69/2023 è stato così introdotto l’articolo 1-bis, il quale al primo comma stabilisce che, fino alla data di entrata in vigore del correttivo dell’articolo 63 del CCII, non trovi applicazione quanto disposto dal comma 2, ultimo periodo, e comma 2-bis del citato articolo 63.

La novella legislativa, che comunque non interviene sulla disciplina della transazione fiscale proposta nel concordato preventivo, la quale rimane invariata, ha dunque fissato le condizioni che devono ricorrere congiuntamente, affinché il tribunale possa procedere all’omologazione forzosa degli accordi di ristrutturazione dei debiti di cui all’articolo 57 del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.

La disposizione, nel dettaglio, prevede che:

  • l’adesione del creditore pubblico sia determinante ai fini del raggiungimento delle percentuali richieste dagli articoli 57, comma 1 (60% dei crediti per gli accordi di ristrutturazione “ordinari”), e 60, comma 1, (30% dei crediti per gli accordi di ristrutturazione agevolati) del CCII
  • la proposta di soddisfacimento dell’Amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie, tenuto conto delle risultanze della relazione del professionista indipendente, sia conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria e tale circostanza costituisca oggetto di specifica valutazione da parte del tribunale in sede di omologa.

In aggiunta a tali requisiti, vengono tuttavia fissate ulteriori condizioni, in grado di ridurre significativamente i casi di accordi potenzialmente omologabili in via forzosa, nonché di influenzare il contenuto delle future proposte presentate:

  • gli accordi non devono avere natura liquidatoria. La possibilità del cram down, pertanto, è prevista solo qualora il piano di risanamento preveda la continuità aziendale. Evidente in ciò il favor verso la conservazione dell’impresa, bene da tutelare nell’interesse non solo dei creditori, ma anche del debitore, dei lavoratori e del sistema economico nel suo complesso.
  • il credito complessivo vantato dagli altri creditori aderenti agli accordi di ristrutturazione deve essere pari ad almeno un quarto dell’importo complessivo dei crediti
  • il soddisfacimento dei crediti dell’Amministrazione finanziaria e degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie deve essere pari almeno al 30% dell’ammontare dei rispettivi crediti, sanzioni e interessi inclusi.

Oltre a prevedere che vi siano altri creditori aderenti e che gli stessi siano rappresentativi di un credito significativo (pari ad almeno il 25% del totale dei crediti), viene stabilita, pertanto, una soglia minima (in percentuale rispetto all’importo del credito), al di sotto della quale l’offerta del debitore viene ritenuta troppo esigua e tale da escludere la possibilità di omologa forzosa da parte del tribunale.

È stata, inoltre, disciplinata anche l’eventualità in cui in cui l’ammontare complessivo dei crediti vantati dagli altri creditori aderenti sia inferiore a un quarto dell’importo complessivo dei crediti. In tal caso, è previsto che possa farsi luogo al cram down, fermo restando il rispetto delle altre condizioni, solo se il soddisfacimento dei crediti dei creditori pubblici non sia inferiore al 40% dell’ammontare dei rispettivi crediti, inclusi sanzioni e interessi. In tale eventualità, è stata posta altresì l’ulteriore condizione che la dilazione di pagamento richiesta non ecceda il periodo di 10 anni.
In sostanza, i commi 2 e 3 dell’articolo 1-bis individuano due differenti soglie che segnano i limiti di soddisfazione dei crediti dell’Amministrazione finanziaria e previdenziale nelle transazioni fiscali che si inseriscono in un accordo di ristrutturazione.

Vengono poi dettate ulteriori disposizioni che, seppur non riferite ai presupposti del cram down, ma piuttosto al procedimento di omologazione, presentano comunque importanti risvolti pratici (commi 4 e 5).
In primo luogo, a favore della parte pubblica, viene fissato, in capo al debitore che proceda al deposito della domanda di omologazione di accordi di ristrutturazione con annessa transazione fiscale, l’obbligo di avvisare i creditori istituzionali dell’avvenuta iscrizione della domanda nel registro delle imprese.
La comunicazione va fatta tramite posta elettronica certificata all’Amministrazione finanziaria e agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie competenti sulla base dell’ultimo domicilio fiscale dell’istante. Dalla ricezione dell’avviso decorre, per gli uffici, il termine di 30 giorni previsto dall’articolo 48, comma 4, del CCII, per proporre opposizione alla richiesta di omologa.

Infine, viene stabilito che l’eventuale adesione alla proposta di transazione debba intervenire entro 90 giorni decorrenti dal deposito della stessa (comma 5) e, all’ultimo comma, che la disciplina transitoria introdotta si applichi retroattivamente anche alle proposte di transazione fiscale depositate in data successiva all’entrata in vigore del decreto (avvenuta il 13 giugno 2023).

Entrate tributarie in forte aumento nel primo semestre 2023

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Roma – E’ stato pubblicato il rapporto sull’andamento delle entrate tributarie e contributive nel periodo gennaio-giugno 2023. I primi sei mesi dell’anno, che mostrano una crescita di 13.485 milioni di euro (+3,6%) rispetto allo stesso periodo 2022, riflettono la variazione positiva delle entrate tributarie

I dati del report sono integrati rispetto al bollettino diffuso l’8 agosto scorso, in quanto includono anche i principali tributi degli enti territoriali, le poste correttive e il gettito contributivo. In particolare, gli incassi contributivi nei primi sei mesi del 2023 sono risultati pari a 126.248 milioni di euro, in aumento di 5.465 milioni di euro (+4,5%) rispetto al corrispondente periodo dell’anno precedente.
“L’Inps – spiega Lamberto Mattei dottore commercialista – riveste  il ruolo principale, contabilizzando entrate in aumento di 5.169 milioni di euro rispetto al 2022 (+4,7 per cento), per effetto sia dell’andamento dei contributi del settore privato (+5,6%) che di quello degli incassi delle gestioni dei lavoratori dipendenti pubblici, i quali fanno segnare un aumento del 2,6% se confrontati con il corrispondente periodo dell’anno precedente.
Le entrate contributive degli enti previdenziali privatizzati, invece, risultano pari a 5.247 milioni di euro, in aumento del 2,9 per cento.

Al link il rapporto del MEF

Rapporto entrate tributarie primo semestre 2023

Didattica nello sport, al via l’esenzione Iva per le attività

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Roma 8 agosto 2023  – Il recente decreto Pa-Sport sul tema della didattica sportiva caratterizza le attività di formazione con esenzione dell’iva. Il provvedimento riguarda enti ed associazioni ed introduce altre novità come il  credito di imposta fino alla fine dell’anno 2023  per gli investimenti in pubblicità ed altre importanti disposizioni inenrenti le Olimpiadi Milano – Cortina del 2026.

Questa decisione mira a ridurre il peso fiscale sulle associazioni e gli enti che offrono formazione e istruzione nel campo dello sport, favorendo così la diffusione della pratica sportiva e il suo valore educativo. Anche se l’impatto normativo necessita di un attento monitoraggio gestionale delle attività contabili.

L’emendamento, approvato in sede in conversione in legge del decreto Pa-bis (articolo 36 bis),risponde in prima battuta all’esigenza di estendere il regime di esenzione Iva alle attività didattiche e formative rese dagli enti sportivi (articolo 6 del Dlgs 36/21). L’inserimento della disposizione normativa ha l’obiettivo di risolvere due principali problematiche: da una parte il superamento di orientamenti eccessivamente restrittivi, che piùvolte ha escluso dalle agevolazioni i corsi di formazioni erogati dagli enti sportivi dilettantistici, dall’altro razionalizza di fatto le revisioni del trattamento Iva dei corrispettivi specifici versati dai soci, associati o tesserati, che dal 1° luglio 2024 passeranno dal regime di esclusione a quello di esenzione Iva in conseguenza di una procedura di infrazione avviata dalla Ue nel 2009.

Nel caso di specie l’articolo 36 bis ha il pregio di attrarre nel nuovo regime di esenzione oltre alle Asd (Associazioni sportive dilettantistiche) anche le Ssd ( società sportive dilettantistiche) che rischiavano altrimenti di veder confluire tutti i corrispettivi versati dagli sportivi nel regime di piena imponibilità.

Nonostante l’intervento normativo risponda a una esigenza molto sentita  dagli operatori, occorrerà valutarne quindi con attenzione gli effetti in termini di compatibilità con i principi comunitari per non incappare in una successiva revisione da parte del fisco.

“Siamo impegnati in pieno agosto – spiega il dottore commercialista Lamberto Mattei – nel seguire le normative emanate e con il nostro team stiamo lavorando in simulazioni sugli effetti applicativi dei vari provvedimenti”.

Welfare aziendale 2023: le news nel decreto lavoro

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Roma – Pronte le istruzioni per i datori di lavoro che intendono erogare ai propri dipendenti con figli a carico somme o rimborsi a titolo di benefit. Con la circolare n. 23 di ieri 1° Agosto 2023,  vengono forniti chiarimenti sulle novità introdotte dall’articolo 40 del Dl n. 48/2023 (decreto “Lavoro”) in materia di agevolazioni fiscali per il lavoratore dipendente con figli a carico. Tale disposizione ha innalzato per il 2023 fino a 3mila euro (al posto degli ordinari 258,23 euro) il limite entro il quale è possibile riconoscere ai dipendenti beni e servizi esenti da imposte. Lo stesso decreto ha inoltre incluso tra i “bonus” che non concorrono a formare reddito di lavoro dipendente anche le somme erogate o rimborsate ai lavoratori per il pagamento delle utenze domestiche di energia elettrica, acqua e gas.

Il documento di prassi precisa che il benefit in esame rappresenta un’agevolazione ulteriore, diversa e autonoma, rispetto al bonus carburante previsto dall’articolo 1, comma 1, del Dl n. 5/2023. Al fine di fruire dell’esenzione da imposizione, i beni e i servizi erogati nel periodo d’imposta 2023 dal datore di lavoro a favore di ciascun lavoratore dipendente con figli a carico possono raggiungere un valore di 200 euro per uno o più buoni benzina e un valore di 3mila euro.

Con riferimento all’ambito di applicazione oggettivo dell’agevolazione, la circolare chiarisce che il nuovo limite massimo di esclusione dal reddito di lavoro dipendente opera limitatamente al periodo d’imposta 2023 e che, analogamente all’articolo 12 del decreto “Aiuti-bis”, tra i fringe benefit concessi ai lavoratori sono incluse le somme erogate o rimborsate ai medesimi dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale. Di conseguenza, viene precisato che il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati al lavoratore nonché le somme erogate o rimborsate per il pagamento delle utenze domestiche non concorrono, entro il limite 3mila euro, a formare il reddito di lavoro dipendente né sono soggetti all’imposta sostitutiva di cui ai commi da 182 a 189, della n. 208/2015, anche nell’eventualità in cui gli stessi siano fruiti, per scelta del lavoratore, in sostituzione, in tutto o in parte, dei premi di risultato e delle somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa.

L’Agenzia precisa, inoltre, che qualora il valore dei beni ceduti o dei servizi forniti, nonché delle somme erogate o rimborsate per il pagamento delle bollette, risulti complessivamente superiore al limite in oggetto, l’intero valore rientra nell’imponibile fiscale e contributivo.

Come già precisato con la circolare n. 35/2022, il nuovo documento di prassi chiarisce che, al fine di evitare che si fruisca più volte di un beneficio in relazione alle medesime spese, le somme pagate per le utenze dal lavoratore dipendente nel 2023 che si riferiscono a consumi di competenza del 2022 – già rimborsate o per le quali siano già state erogate le somme dal datore di lavoro in applicazione del citato articolo 12 del decreto “Aiuti-bis” – non possono essere considerate ai fini della nuova agevolazione di cui all’articolo 40 del decreto “Lavoro”.

Quanto ai requisiti soggettivi richiesti dall’articolo 40 richiamato, la circolare specifica che beneficiari dell’agevolazione sono i titolari di redditi di lavoro dipendente e di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente aventi figli fiscalmente a carico ai sensi dell’articolo 12, comma 2, del Tuir (che abbiano, cioè, un reddito non superiore a 4mila euro ovvero a 2.840,51 euro in caso di età superiore a ventiquattro anni, al lordo degli oneri deducibili).

Al riguardo, la circolare in commento chiarisce che:

  • la condizione di figlio fiscalmente a carico deve essere verificata con riferimento al periodo d’imposta 2023 e il superamento o meno del limite reddituale va verificato alla data del 31 dicembre 2023
  • l’agevolazione è riconosciuta in misura intera a ogni genitore, titolare di reddito di lavoro dipendente e/o assimilato, anche in presenza di un unico figlio, purché lo stesso sia fiscalmente a carico di entrambi e anche nel caso in cui il lavoratore non possa beneficiare della detrazione per figli fiscalmente a carico di cui all’articolo 12 del Tuir poiché, ad esempio, per gli stessi già percepisce l’assegno unico e universale (Auu)
  • qualora i genitori si accordino per attribuire l’intera detrazione per figli fiscalmente a carico a quello dei due che possiede il reddito complessivo di ammontare più elevato, l’agevolazione spetta comunque a entrambi poiché il figlio è considerato fiscalmente a carico sia dell’uno sia dell’altro genitore.

Con riguardo ai lavoratori dipendenti non aventi l’ulteriore requisito soggettivo relativo a figli che si trovino nelle condizioni previste dall’articolo 12, comma 2, del Tuirla circolare stabilisce, in linea col dettato normativo, che continua ad applicarsi l’ordinario regime di esenzione previsto dall’articolo 51, comma 3, del Tuir (soglia di esenzione fino a 258,23 euro per il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati, non estensibile ai rimborsi e alle somme erogate per il pagamento delle bollette di luce, acqua e gas, per i quali resta applicabile il principio generale secondo cui qualunque somma percepita dal lavoratore in relazione al rapporto di lavoro costituisce reddito imponibile di lavoro dipendente).

Per quanto riguarda le modalità applicative dell’agevolazione in discorso, il documento di prassi ricorda la necessità, prevista dalla norma, di una preventiva dichiarazione da parte del lavoratore dipendente al datore di lavoro di avervi diritto, con indicazione del codice fiscale dell’unico figlio o dei figli fiscalmente a carico.
La dichiarazione può essere effettuata secondo modalità concordate fra datore di lavoro e lavoratore. Si chiarisce, inoltre, che i lavoratori per i quali sono venuti meno i presupposti per il riconoscimento del beneficio sono tenuti a darne prontamente comunicazione al sostituto d’imposta e quest’ultimo procede al recupero del beneficio non spettante dagli emolumenti corrisposti nei periodi di paga successivi a quello nel quale è resa la comunicazione e, comunque, entro i termini di effettuazione delle operazioni di conguaglio di fine anno o di fine rapporto, nel caso di cessazione dello stesso nel corso del 2023.

Infine, con riguardo all’obbligo per il datore di lavoro di procedere, ai fini del riconoscimento dell’agevolazione in discorso, alla previa informativa alle rappresentanze sindacali unitarie laddove presenti, la circolare prescrive che il beneficio possa essere riconosciuto anche prima che si provveda alla suddetta informativa, a condizione che la stessa avvenga entro la chiusura del medesimo periodo d’imposta.

Sport, al via la procedura per il credito d’imposta 2022

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Roma 1 ago 2023 – L’articolo 9 del decreto legge 27 gennaio 2022, n.4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2022 n. 25, ha esteso anche per l’anno di imposta 2022, le disposizioni previste dall’articolo 81, comma 1, del decreto-legge 14 agosto 2020, n.104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n.126 ed ha quindi concesso ai lavoratori autonomi, alle imprese e agli enti non commerciali che effettuano investimenti in campagne pubblicitarie, incluse le sponsorizzazioni, nei confronti di leghe che organizzano campionati nazionali a squadre nell’ambito delle discipline olimpiche ovvero società sportive professionistiche e società ed associazioni sportive dilettantistiche iscritte al registro CONI operanti in discipline ammesse ai Giochi Olimpici e che svolgono attività sportiva giovanile un contributo, sotto forma di credito d’imposta, pari al 50% degli investimenti effettuati a decorrere dal 1° gennaio 2022 e fino al 31 marzo 2022.

La domanda di riconoscimento del suddetto contributo deve essere effettuata in modalità on line in specifica piattaforma che verrà attivata dal Dipartimento per lo sport il giorno 1° agosto 2023; non saranno prese in considerazione domande pervenute con modalità diversa da quella prevista e al di fuori dei termini stabiliti (ovvero dal 1-8-2023  al 29-09-2023).

Il termine di presentazione delle domande è fissato al 29 settembre 2023.

Con riferimento alla proroga del riconoscimento del credito d’imposta di cui trattasi per il primo trimestre 2023, si precisa che la relativa procedura di richiesta verrà avviata al termine di quella prevista in questa sede per il 2022.