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Occhi puntanti sul meccanismo europeo di stabilità (Mes), cosa prevede la riforma

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Roma – Un meccanismo economico finanziario che sta tenendo alta l’attenzione dei mercati nazionali ed internazionali e che sta dividendo anche la politica. L’approfondimento del dottore commercialista Lamberto Mattei in una ricerca dello Studio Associato Sarcc in cui si cerca di focalizzarne ruoli ed effetti su una riforma importantissima per l’economia e per la finanza pubblica.

Il Meccanismo Europeo di Stabilità  è un’organizzazione intergovernativa dei paesi che condividono l’euro come moneta, ed ha il compito di aiutare i paesi che si trovano in difficoltà economica. È una componente molto importante dell’unione monetaria: serve a mettere in comune il denaro di tutti e a utilizzarlo nel caso in cui uno stato membro si trovi in difficoltà, visto che – condividendo la stessa moneta – le difficoltà di un paese possono avere conseguenze anche sugli altri. Il MES venne creato nel settembre del 2012 e portò al superamento di altri due fondi creati in precedenza allo stesso scopo (EFSF ed EFSM).

Il MES ha una dotazione di 80 miliardi di euro, pagati in maniera proporzionale all’importanza economica dei paesi dell’eurozona: con quasi il 27 per cento del capitale la Germania è il primo contributore, e con ogni probabilità non usufruirà mai degli aiuti. Inoltre, emettendo titoli con la garanzia degli stati che ne fanno parte, il MES può raccogliere sui mercati finanziari fino a 700 miliardi di euro. Questi soldi poi possono essere prestati agli stati in difficoltà, per esempio per ricapitalizzare i loro sistemi bancari. Gli stati che vengono aiutati dal MES, se rispettano alcune condizioni, possono ricevere anche l’aiuto illimitato da parte della BCE sotto forma delle famose OMT, un piano che di fatto permette l’acquisto senza limiti di titoli di stato del paese in crisi.

Per ricevere l’aiuto, uno stato deve accettare un piano di riforme la cui applicazione sarà sorvegliata dalla famosa “Troika”, il comitato costituito da Commissione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale. Il piano di riforme di solito prevede misure molto impopolari, come taglio alla spesa pubblica, in particolare alle pensioni, privatizzazioni, liberalizzazioni e flessibilizzazione delle leggi sul lavoro, allo scopo di rendere nuovamente sostenibili i conti pubblici. Fino a oggi Grecia, Cipro, Portogallo e Irlanda hanno usufruito di programmi di aiuto del MES.

Cosa prevede la riforma?
Il MES è stato apprezzato da molti, in quanto è il primo tentativo organico di dotare l’eurozona di un meccanismo per affrontare le crisi, e insieme alla BCE rappresenta la cosa più vicina a un “prestatore di ultima istanza”, cioè un’istituzione che presta denaro a chi non riesce più a ricevere prestiti. Ed è anche un concreto tentativo di rendere l’eurozona più economicamente unita e solidale. Ma le critiche nei suoi confronti non sono nuove, anzi, circolano fin dalla sua fondazione. C’è chi ritiene che l’ESM non sia uno strumento sufficiente, e attacca i programmi di riforme spesso draconiane che gli stati devono accettare pur di ricevere i fondi. Ma c’è anche chi muove l’accusa opposta, quella di fare troppo in cambio di troppo poco: in genere tedeschi e nord europei che temono che meccanismi come il MES incentivino i paesi periferici a spendere più di quello che possono, sapendo che saranno salvati con i soldi di qualcun altro.

La riforma del MES discussa a partire dal 2018 è un tentativo di accontentare tutti, e in quanto tale è il frutto di un compromesso tra le parti: per esempio i paesi più indebitati, come l’Italia, che volevano che le linee di credito precauzionali erogate dal MES (in gergo PCCL e ECCL) venissero concesse anche senza bisogno di sottoscrivere un accordo dettagliato di riforme impopolari. Nella versione finale questa modifica è stata accolta (per quanto riguarda la PCCL), ma è stata aggiunta un’altra condizione su richiesta degli stati più ricchi del Nord, che di fatto la rende inutile. Per avere una linea di credito, infatti, sarà sufficiente una lettera di intenti, ma solo per quegli stati che rispettano i parametri di Maastricht (10 stati su 19 membri dell’eurozona, Italia compresa, non potranno quindi utilizzare a loro vantaggio questa misura).

I paesi indebitati hanno invece ottenuto una vittoria nella trattativa sul “backstop” per il Fondo di risoluzione unico, un fondo finanziato dalle banche europee che serve ad aiutare istituti finanziari in difficoltà. Con l’introduzione del “backstop” il MES potrà finanziare il Fondo di risoluzione fino a 55 miliardi; le banche – soprattutto quelle della periferia d’Europa ma non solo – diventeranno così più sicure.

La terza modifica introdotta dalla riforma è invece voluta dai “rigoristi” del Nord Europa, e come tale non piace all’Italia (ma non solo a Salvini: anche il governatore di Banca d’Italia Ignazio Visco ha detto di essere preoccupato, come il presidente dell’Associazione bancaria italiana Antonio Patuelli). Di fatto la riforma cerca di rendere più facile “ristrutturare” il debito pubblico di un paese che chiede aiuto al MES.

In altre parole, i privati che hanno prestato soldi agli stati in crisi dovranno perdere una parte del loro investimento nel momento in cui scatterà un pacchetto di aiuti. Uno dei sistemi per ottenere questo risultato è l’obbligo di emettere un particolare tipo di titoli di stato (i cosiddetti “single limb CAC”) che permettono una “ristrutturazione” (cioè una riduzione concordata del valore del prestito fatto allo stato) tramite un solo voto dei creditori, invece che con le procedure più complesse delle altre tipologie di titoli di stato. Questo vuol dire che un paese in difficoltà potrebbe restituire meno di quello che deve ai suoi creditori, che è una cosa buona; ma la cosa meno buona – e temuta – è che i creditori, sapendo di questa possibilità, finiscano per chiedere interessi più alti ai paesi che percepiscono più a rischio, come l’Italia.

Il rapporto della Banca Mondiale è allarmante: le imprese italiane sono le più tassate al mondo

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Roma –  Che le imprese italiane siano le più tassate non solo rispetto alle concorrenti europee, ma anche a quelle di tutto il resto del mondo lo sospettavamo ma ora purtroppo ne arriva la conferma ufficiale. “Ii dati del rapporto “Paying Taxes 2020” della  Banca Mondiale e PwC non lasciano alcuna ombra di dubbio sulle nostre preoccupazioni – spiega il dottore commercialista Lamberto Mattei – secondo lo studio approdato sulle cronache nazionali ed estere di canali economico finanziari ed analisti di economia politica è chiaro che  il carico fiscale complessivo sulle imprese sia al 59,1% dei profitti commerciali (era il 53,1% nella classifica precedente) a fronte di un “peso” globale del 40,5% ed europeo del 38,9%.

Nel rapporto – si legge nella ricerca dello Studio Associato Sarcc –  si spiega che l’aumento dipende dallo stop alla esenzione del 2016 dal contributo di previdenza sociale per i dipendenti neoassunti che non è stato successivamente stabilizzato.

Un altro dato negativo emerso dallo studio è che in Italia le imprese impiegano 42 ore per la richiesta di rimborso Iva, incluso il tempo speso per rispondere alle richieste ricevute nel corso delle verifiche fiscali dell’amministrazione finanziaria (18,2 ore la media mondiale; 7 ore la media a livello europeo).

“Il tempo di attesa del rimborso – viene spiegato – è di 62,6 settimane e copre un periodo di sei mesi (26 settimane) che intercorre tra l’acquisto del bene e la presentazione della dichiarazione Iva annuale (nel caso di studio condotto dal rapporto l’impresa non può richiedere il rimborso dell’imposta su base trimestrale). A livello globale il tempo stimato è di 27,3 settimane; a livello europeo 16,4 settimane. In Italia le imprese impiegano in media 5 ore per correggere un errore nella dichiarazione dei redditi, riportando un risultato migliore rispetto alla media mondiale ed europea (14,6 ore la media globale; 7 ore la media europea). La correzione di un errore nella dichiarazione dei redditi di per sé non comporta l’attivazione di una verifica fiscale e pertanto non vengono stimati i relativi tempi”.

“Per questi motivi  – conclude Mattei – siamo fortemente impegnati nella nostra azione di tutela delle imprese italiane ed i dati del rapporto non fanno altro che aumentare il nostro livello di preoccupazione per una situazione che tende a contrastare la crescita in ogni modo. Le tasse vanno ridotte e subito.

Autonomi e Partite Iva, il commercialista Lamberto Mattei nominato coordinatore regionale del Lazio

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Roma – Importante nomina per il dottore commercialista Lamberto Mattei, founder dello Studio Associato Sarcc. Il presidente dell’Associazione Autonomi e Partite Iva dott. Eugenio Filograna ha infatti conferito l’incarico ufficiale al noto professionista quale “Coordinatore della Regione Lazio“.

La decisione di affidare il coordinamento al dr. Mattei è stata intrapresa in pieno accordo con tutto il consiglio direttivo dell’associazione. Il dottor Mattei, sempre impegnato a tutto campo in questi ambiti, ha accettato la nomina ringraziando per la fiducia riposta nella sua persona. “Nella regione Lazio – ha spiegato Lamberto Mattei – agiremo in maniera tale da divulgare le iniziative dell’associazione e le azioni programmatiche ad amplissimo raggio raggiungendo i titolari di Partite Iva, ma anche chi suo malgrado si trova in stato di disocuppazione. Ma oltre a questo procederemo ad organizzare eventi di approfondimento, workshop per individuare le criticità facendo corrispondere per ciascuna di esse relative proposte di soluzione. Inoltre agiremo in sinergia con gli altri coordinamenti regionali al fine di promuovere gli obiettivi programmatici dell’Associazione ad ampio raggio ed in modalità proficua”.

Prevenzione usura: dal MEF ulteriori 24,2 milioni di euro per la concessione di prestiti

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Roma – Una misura degna di interesse è quella che si riferisce a piccole e medie imprese e famiglie a rischio sul tema della prevenzione usura. Una ricerca dello Studio Associato Sarcc di cui è founder il commercialista Lamberto Mattei evidenzia quanto segue: Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha messo a disposizione ulteriori 24,2 milioni di euro in garanzie statali per facilitare l’accesso al credito di imprese e famiglie a “rischio usura”. L’importo verrà erogato entro la fine dell’anno attraverso il Fondo per la prevenzione del fenomeno dell’usura (istituito dalla legge 108 del 1996 presso il MEF) a 122 “Enti gestori”: 89 Confidi (consorzi di PMI), che riceveranno circa 17 milioni di euro e 33 Associazioni e Fondazioni impegnate nella lotta all’usura, che riceveranno circa 7 milioni.

Nel complesso, oltre ai 122 Enti per i quali è stata quest’anno deliberata la nuova erogazione, sono circa 200 i soggetti attivi, e con fondi ancora a disposizione, ai quali imprese e famiglie in difficoltà economica e a rischio di diventare vittime di attività criminali possono rivolgersi per richiedere le garanzie dello Stato.

Come negli anni scorsi, l’ammontare del Fondo è stato ripartito con delibera di un’apposita Commissione interministeriale (presieduta dal MEF) sulla base di una combinazione di indicatori che tengono conto dell’indice del rischio usura presente nell’ambito territoriale dove opera l’ente assegnatario, dell’efficienza nell’utilizzo delle risorse dimostrata nel passato e della effettiva capacità di garantire l’accesso al credito.

Inoltre, si è stabilito di confermare, anche per questa nuova ripartizione, un contributo speciale agli enti delle aree dell’Abruzzo, dell’Umbria, del Lazio e delle Marche colpite dai terremoti del 2016 e del 2017.

Il Fondo, operativo già dal 1998, viene ogni anno alimentato, secondo un circolo virtuoso, dai proventi delle sanzioni amministrative antiriciclaggio.

Il Primo rapporto sulla gestione del Fondo è stato presentato presso il Dipartimento del Tesoro in occasione del  “Mese dell’educazione finanziaria”, lo scorso 4 Ottobre, e riporta le principali statistiche di utilizzo negli anni di questo strumento dimostrando la sua capacità di attivare positivamente i canali del credito in modo capillare e per prestiti anche di medio-piccolo importo (circa 50.000 euro in media per le PMI e 20.000 euro in media per le famiglie).

Terzo trimestre 2019: aumentano le partite Iva ma non è un indicatore di crescita

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Roma – Nel terzo trimestre del 2019 sono state aperte 101.498 nuove partite Iva ed in confronto al corrispondente periodo dello scorso anno si registra un incremento del 5,7%.  Un dato indicativo che merita comunque un approfondimento. La ricerca nei dettagli dello Studio Associato Sarcc del commercialista Lamberto Mattei fornisce dati certi da fonte ministeriale.

“Ma non bisogna certo cantare vittoria – afferma Mattei – in quanto l’incremento delle partite Iva può essere riferito proprio ad una carenza lavorativa per cui molti giovani sono costretti ad aprire la partita Iva per “fatturare” il proprio lavoro. E’ il caso di professionisti, o altre tipologie e quindi non è che si possa parlare di un segno di ripresa. Potrebbe essere l’inverso”.

La distribuzione per natura giuridica – si legge ancora nella ricerca – mostra che il 72,3% delle nuove aperture di partita Iva è stato operato da persone fisiche, il 21,6% da società di capitali, il 3,2% da società di persone; la quota dei “non residenti” ed “altre forme giuridiche” rappresenta complessivamente il 2,5% del totale delle nuove aperture. Rispetto al terzo trimestre del 2018, le persone fisiche evidenziano un apprezzabile aumento (+8,3%), dovuto in particolare alle nuove adesioni al regime forfetario: nel periodo in esame 49.171 nuovi avvianti hanno aderito al regime (48,4% del totale delle nuove aperture), con un aumento del 30,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Le forme societarie accusano invece un calo: -3,6% per le società di capitali e -4,9% per le società di persone. Da segnalare inoltre il notevole aumento delle aperture da parte di soggetti non residenti (+44%), come già rilevato in altri trimestri, legato allo sviluppo della web economy.

Riguardo alla ripartizione territoriale, il 44,3% delle nuove aperture è localizzato al Nord, il 22,1% al Centro e il 33,2% al Sud e Isole. Il confronto con lo stesso periodo dell’anno precedente evidenzia che i principali incrementi di avviamenti sono avvenuti in Piemonte (+16,2%), in Lombardia (+11,5%) e in provincia di Bolzano (+11,2%). Le diminuzioni più consistenti in Valle d’Aosta (-19,7%), Calabria (-3,6%) e Sardegna (-3%).

In base alla classificazione per settore produttivo, il commercio registra, come di consueto, il maggior numero di avviamenti di partite Iva con il 20,5% del totale, seguito dalle attività professionali (16,1%) e dalle costruzioni (9,2%). Rispetto al terzo trimestre del 2018, tra i settori principali i maggiori aumenti si segnalano nell’istruzione (+21,2%), nelle attività professionali (+16,2%) e nei servizi d’informazione (+13,6%). L’unico settore in flessione è la sanità (-5,8%).

Relativamente alle persone fisiche, la ripartizione di genere mostra una sostanziale stabilità (maschi al 62,7%). Il 46% delle nuove aperture è stato avviato da giovani fino a 35 anni ed il 32% da soggetti appartenenti alla fascia dai 36 ai 50 anni. Rispetto al corrispondente periodo dello scorso anno, si notano incrementi di aperture crescenti all’aumentare dell’età degli avvianti: dal +17,1% della classe più anziana al +5,9% della più giovane.

Analizzando il Paese di nascita degli avvianti, si evidenzia che il 19,4% delle aperture è operato da un soggetto nato all’estero.

Economia: Mattei: “Il rilancio passa anche per il Made in Italy”

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Roma – Nel contest di una globalizzazione amplificata della crisi finanziaria, negli ultimi dieci anni risulta sensibilmente cambiato il carattere dell’economia mondiale e quindi anche la morfologia socioeconomica dei territori italiani. Osserviamo però che a livello internazionamle il  Made in Italy nel mondo sta continuamente crescendo, come parallelamente sono ancora insufficienti le normative che tutelino efficacemente la produzione effettivamente fatte in Italia rispetto ad altri prodotti che si fregiano di questo etichettatura pur non avendone i requisiti, ma con un beneficio di marketing enorme.

Una recente ricerca dello Studio Associato Sarcc del commercialista Lamberto Mattei evidenzia “una Italia dove le imprese dei grandi marchi  hanno recuperato i livelli di fatturato pre-crisi e viaggiano oggi su margini migliori della media. Il fatturato generato dalle oltre 20mila imprese a marchio vale più di 165 miliardi di euro, il 60% del giro d’affari dei rispettivi settori. Fra i mercati più attrattivi, Prometeia ritiene che quelli con le prospettive di crescita migliori per il nostro export fra il 2020 e il 2023 siano India (+86%), Emirati Arabi (+39%) e Sud Africa (+29%). Miglioramenti consistenti sono attesi anche in Brasile (+28%), Australia (+25%), Sud Corea (+25%) e Messico (+22%).

L’interesse verso la nostra nazione testimonia nella concretezza,  l’attrazione di cui gode oggi il Made in Italy. È altresì evidente che nella nuova divisione del lavoro mondiale prodotta dalla globalizzazione le produzione standard ad alta intensità di manodopera non qualificata si è concentrata in Paesi emergenti e hanno abbandonato progressivamente i Paesi delle economie che erano già sviluppate come l’Italia. Un’altra situazione  che si sta fortemente caratterizzando negli ultimi tempi è la dinamica di acquisizione di aziende italiane con brand riconosciuti da parte di imprese e fondi esteri che sta cambiando le strutture delle governance che non sono più territoriali con tutti i rischi conseguenti di delocalizzazione delle produzioni.

È di palese evidenza pertanto che il futuro della manifattura italiana è legata a doppio filo alle quote del mercato mondiale che ricercano una qualità del prodotto che si innova costantemente. È un cambiamento epocale che richiede una risposta adeguata per salvaguardare e sviluppare tradizioni di competenze e manualità locali che potrebbero essere definitivamente perse abbandonando i territori della provincia italiana a un veloce e pericoloso declino socio-economico.”

Lega Consumatori e Studio Sarcc insieme a Pomezia per l’incontro sul Social Impact Finance

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Roma – C’è molta attesa per l’incontro formativo e di approfondimento organizzato a Pomezia da Lega Consumatori in collaborazione con lo Studio Sarcc di Roma di cui è founder il commercialista Lamberto Mattei. L’appuntamento è per il 22 Novembre 2019 alle ore 18.00 presso l’Hotel Enea in via del Mare a Pomezia. Saranno trattate le tematiche relative al:

“Social Impact Finance: Una piattaforma Italiana per la Finanza D’Impatto“ Il nuovo codice della crisi – La ristrutturazione aziendale e finanziaria – Il controllo delle Entrate e delle Uscite
Il Microcredito – La finanza agevolata-Gestione della crisi aziendale – C’è crisi o sei in crisi?

Lo Studio Associato SARCC  di Roma opera a livello nazionale nel campo della consulenza fiscale , tributaria e del lavoro. Assistenza Contenzioso Tributario, Civile e Penale, ed il dottor Lamberto Mattei tratterà la tematica relativa al nuovo codice della crisi con una analisi approfondita sui rischi ma anche sulle opportunità per l’imprenditoria nel contesto attuale.

“E’ una occasione importante – spiega Lamberto Mattei – in cui ci troviamo insieme con la Lega Consumatori ad approfondire nei dettagli una materia di grande interesse. Oltre ad individuare le criticità del settore abbiamo il dovere di trovare delle soluzioni e ciò è possibile solo attivando sinergie ed interagendo tra i diversi settori del contest economico finanziario”

Questo il programma:

Ore 18.00 – Saluti e apertura dei lavori a cura del presidente della Lega Consumatori Pomezia, Dario Ferraro
Ore 18.10 – Dott. Lamberto Mattei– Il nuovo codice della crisi – rischi e opportunità per l’imprenditore. Ristrutturazione AziendaleOre 18.30 –Dott. Marcello D’Onofrio – Il metodo di controllo e di programmazione delle entrate e delle uscite . “La crisi non è quella di mercato, ma di cultura aziendale.”
Ore
18.50 –Dott. Marco BAFFONI – Ente Nazionale Microcredito – Responsabile Territoriale Lazio
L’Ente Nazionale per il Microcredito esercita importanti funzioni in materia di microcredito e microfinanza, a livello nazionale ed internazionale.
Ore 19.15 – Dott. Jacopo Gianetti- Finanza agevolata- Start up aziendaleFinanziamenti Europei – Formazione gratuita attraverso Fondi Interprofessionali.
Finanziamenti aziende – Europrogettazione e contributi per associazioni ed enti no profit.
Ore 19.30 – Dott. Paolo D’anselmi – Ingegnere elettronico, master in amministrazione pubblica, dottorato in CSR in corso presso la London Metropolitan University.
Ore 19.40 – Dott. Antonino Gasparo- Presidente Nazionale C.I.L.A.-Confederazione Italiana Lavoratori Artigiani
Ore 19.50 – Dott. Antonio GUIDO – Presidente FederAlberghi Pomezia– Nuova stagione, nuove sfide…

Decreto fiscale e legge di bilancio

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Dagli incentivi per la moneta elettronica e la lotteria degli scontrini alla semplificazione fiscale, dalla lotta all’evasione contributiva alle nuove sanzioni per gli evasori, il Decreto Fiscale (DL 26 ottobre 2019, n. 124), insieme alla Legge di Bilancio, aiuterà  l’economia italiana a ripartire? Dubbi incertezze su provvedimenti che hanno un forte impatto sui cittadini italiani. Ma cerchiamo di capire meglio quale è la posizione del governo rispetto a questi intendimenti. Fonti ministeriali – spiega il commercialista Lamberto Mattei – evidenziano delle teorie che ovviamente sono da verificare poi nelle fasi applicative”. Sulla plastic tax in particolare il Ministro ha annunciato possibili revisioni.

Il Minstero delle Finanze sostiene quanto segue:

I due provvedimenti fanno parte di un pacchetto unico che punta a promuovere la modernizzazione del Paese, aggredendo la grande sacca di inefficienza che è l’evasione fiscale attraverso l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione dei pagamenti. Le misure anti-evasione valgono complessivamente tre miliardi di euro, risorse da destinare alle famiglie e ai lavoratori, agli investimenti ed al welfare. Anche grazie alle misure di contrasto all’evasione ed alle frodi fiscali, viene evitato alle famiglie italiane l’esborso di 541 euro all’anno, legato all’aumento dell’IVA previsto inizialmente nelle clausole di salvaguardia. Nel complesso, i due provvedimenti all’esame del Parlamento sostengono la crescita economica attraverso la riduzione della pressione fiscale (da non dimenticare l’abolizione del super ticket) per famiglie e imprese e il rilancio degli investimenti pubblici e privati, con il più grande piano di investimenti strategici della recente storia italiana per la riconversione dell’economia in chiave sostenibile.

L’incentivo ai pagamenti elettronici e le nuove limitazioni all’utilizzo del contante sono i cardini di un fisco più equo ed efficiente. Il Decreto Fiscale, introduce delle agevolazioni a favore degli esercenti sotto forma di credito di imposta pari al 30 per cento delle commissioni addebitate per le transazioni effettuate mediante carte di credito, di debito o prepagate. Allo stesso tempo, a decorrere dal 1° luglio 2020 e fino al 31 dicembre 2021, la soglia di utilizzo del contante diminuisce dagli attuali 3.000 euro a 2.000, per assestarsi infine a 1.000 dal 1° gennaio 2022.

Lotteria degli scontrini

La lotteria degli scontrini incentiva i consumatori a chiedere lo scontrino agli esercenti, che devono trasmetterlo in via telematica. Su ogni acquisto effettuato dal consumatore finale (non valgono ad esempio gli acquisti di merci da parte dei commercianti) verranno emessi dei biglietti virtuali per partecipare alle estrazioni dei premi. Chi pagherà con la moneta elettronica parteciperà all’estrazione di premi dedicati più ingenti e frequenti rispetto a coloro che pagheranno con il contante. Inoltre nel caso di estrazioni cosiddette “cashless”, un premio verrà attribuito anche all’esercente che avrà battuto lo scontrino vincente. A breve sarà disponibile un sito dedicato in cui i cittadini potranno controllare i biglietti loro assegnati e le estrazioni della lotteria. I premi non saranno sottoposti a prelievo erariale.

Semplificazione fiscale

A partire dalle operazioni IVA effettuate dal 1° luglio 2020, in via sperimentale, nell’ambito di un programma di assistenza on line basato sui dati delle operazioni acquisiti con le fatture elettroniche e con le comunicazioni delle operazioni transfrontaliere, nonché sui dati dei corrispettivi acquisiti, l’Agenzia delle Entrate mette a disposizione dei soggetti passivi dell’IVA residenti e stabiliti in Italia, in un’area riservata del suo sito internet, le bozze di una serie di documenti utili ai contribuenti. Tra questi, le comunicazioni delle liquidazioni periodiche dell’IVA, la dichiarazione annuale dell’IVA, e in caso di ritardato, omesso o insufficiente versamento dell’imposta di bollo sulle fatture elettroniche, l’ammontare dell’imposta e della sanzione amministrativa.

Lotta alle frodi nel settore dei carburanti

Il Decreto Fiscale aumenta le misure antifrode nel settore dei carburanti. L’Italia, infatti, continua ad essere interessata da importanti traffici fraudolenti su grandi volumi di carburanti per autotrazione ad un prezzo inferiore a quello ordinariamente praticabile, se non addirittura sotto costo. Questo avviene soprattutto attraverso l’evasione dell’IVA e dell’accisa, sfruttando le pieghe della legislazione sulla libera circolazione dei prodotti tra i Paesi dell’Ue.

 

Informatizzazione
Viene innanzitutto rafforzato il sistema di informatizzazione e monitoraggio per via telematica delle movimentazioni dei prodotti sottoposti ad accisa in regime sospensivo (sistema EMCS), con l’introduzione di un termine temporale più restrittivo (ventiquattr’ore dal momento in cui i prodotti sono presi in consegna dal destinatario) rispetto all’attuale. Sono stati, inoltre, resi più stringenti e uniformi i requisiti di affidabilità e onorabilità dei soggetti che operano nella filiera distributiva.

Tracciabilità
Un nuovo sistema di tracciabilità dei prodotti classificati come oli lubrificanti è stato inserito per contrastarne la vendita illecita come carburanti per autotrazione o, in misura minore, come combustibili per riscaldamento. Tali prodotti saranno individuati mediante i relativi codici di nomenclatura combinata, e avranno l’obbligo di circolare nel territorio nazionale con la scorta di un “Codice amministrativo di riscontro”, emesso dal sistema informatizzato dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, da annotare sulla prescritta documentazione di trasporto.

Estensione del sistema Infoil
Il sistema Infoil, sistema informatizzato di controllo in tempo reale del flusso delle movimentazioni dei prodotti sottoposti ad accisa (benzina e gasolio usato come carburante), già adottato presso gli impianti di produzione nazionali, è stato esteso anche ai depositi fiscali mero stoccaggio dei prodotti energetici. Lo scopo è quello di rendere più efficienti ed uniformi le procedure di controllo rispetto a quelle già vigenti presso le raffinerie e gli stabilimenti di produzione di prodotti energetici. La nuova dotazione strumentale consentirà all’Amministrazione finanziaria di effettuare, tramite l’accesso autonomo e diretto alle telemisure installate sui serbatoi dei carburanti, il controllo dell’accertamento quantitativo degli stessi con una precisione superiore a quella attualmente consentita dalle misure manuali.

Presentazione telematica del DAS nella filiera distributiva dei carburanti
La misura prevede l’obbligatorietà di presentare esclusivamente in forma telematica il DAS (Documento Amministrativo Semplificato) previsto per la circolazione di gasolio e benzina per uso carburazione. L’obbligo renderà più difficoltosa la falsificazione di tali documenti e rendendo così più difficoltosa la falsificazione di tali documenti e, quindi, l’illecita immissione in consumo dei carburanti nel territorio dello Stato.

Trasmissione telematica dei dati di contabilità dei soggetti obbligati e dei distributori nel settore dell’energia elettrica e del gas naturale
La disposizione è volta a garantire la trasmissione telematica dei quantitativi di energia elettrica e di gas naturale fatturate da parte dei venditori e quelle fornite a ciascun venditore da parte dei distributori. Ciò al fine di consentire all’Amministrazione finanziaria di acquisire, con maggiore tempestività rispetto all’attuale cadenza annuale, le informazioni utili ai controlli.

Maggiori controlli sui giochi d’azzardo (agenti sotto copertura)

Vengono introdotte alcune norme che regolamentano in maniera più strutturata il settore dei giochi. Tre gli obiettivi principali: combattere le infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore, contrastare la diffusione del gioco illegale, arrivare ad un’offerta più razionale di gioco pubblico sul territorio. La prima misura è l’istituzione, a decorrere dall’esercizio 2020, del Registro unico degli operatori del gioco pubblico presso l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. Al fine di rendere maggiormente tracciabili i flussi di pagamento, di contrastare l’evasione fiscale e le infiltrazioni della criminalità organizzata, le società emittenti carte di credito, gli operatori bancari, finanziari e postali non potranno procedere al trasferimento di denaro a favore di soggetti che offrono giochi, scommesse o concorsi pronostici con vincite in denaro, sprovvisti di concessione, autorizzazione, licenza o altro titolo autorizzatorio. Viene inoltre introdotta una fattispecie di agente sotto copertura per contrastare le violazioni in materia di gioco pubblico, in particolare, quelle relative al divieto di gioco dei minori. Sarà possibile effettuare operazioni sotto copertura di gioco a distanza o presso locali delle sale giochi.

Lotta all’evasione contributiva di false cooperative e imprese

Alcune società, per evitare di assumere manodopera interna, delegano il reperimento delle risorse a imprese e cooperative fittizie, che non versando le ritenute sui redditi dei lavoratori e l’IVA svolgono l’attività economica a un costo inferiore a quello che verrebbe sostenuto dal committente, determinando oltre che un danno fiscale anche una turbativa della concorrenza. Inoltre la circostanza che i soggetti interposti non siano patrimonializzati e dunque non “aggredibili” con la riscossione coattiva, comporta l’impossibilità dell’Amministrazione finanziaria di recuperare le risorse finanziarie sottratte illecitamente.

Per contrastare tali e rilevanti fenomeni, che coinvolgono ampi settori del mondo produttivo, sono state previste due misure: la prima estende il regime del reverse charge (lo spostamento del carico tributario IVA dal venditore all’acquirente) agli appalti caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera; la seconda consiste nel contrasto all’omesso versamento di ritenute in presenza di appalti e subappalti e prevede che il debito di imposta sorga in capo alla società appaltante anche a fronte di ritenute maturate sulle retribuzione dei dipendenti delle società affidatarie o subappaltatrici. In sede di applicazione verranno valutati meccanismi per evitare di penalizzare ingiustamente gli operatori che rispettano le regole e agiscono in buona fede.

Nuova disciplina penale per gli evasori

Vengono inasprite le pene per gli evasori fiscali. L’intero pacchetto di misure, tuttavia, non entrerà in vigore subito, ma solo dopo la conversione in legge del decreto. Tra le novità, l’innalzamento della pena della reclusione da 6 fino a 8 anni per alcuni reati fiscali, come la dichiarazione fraudolenta o l’emissione di fatture per operazioni inesistenti per importi sottratti al fisco superiori ai 100 mila euro.

Indebite compensazioni

Per contrastare il fenomeno, il Decreto Fiscale introduce il controllo preventivo delle compensazioni di crediti per imposte dirette effettuate tramite modello F24. In particolare la norma prevede che l’utilizzo in compensazione dei crediti d’imposta che emergono dalle dichiarazioni relative alle imposte dirette sia subordinato: a) alla dichiarazione dalla quale emerge il credito, per importi del credito superiori a 5 mila euro annui; b) alla presentazione del modello F24 esclusivamente attraverso i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate, anche per i soggetti non titolari di partita IVA. Aggiungendo il requisito della preventiva presentazione della dichiarazione da cui emerge il credito, sarà possibile rendere ancora più efficace e tempestiva l’attività di controllo, in quanto, già in fase di ricezione del modello F24, verrà stabilito se il credito compensato sia vistato e non superi il credito dichiarato; di conseguenza, saranno scartati all’origine i modelli F24 che contengano compensazioni di crediti non vistati oppure eccedenti l’importo dichiarato, riducendo l’onere per il bilancio dello Stato in termini di spesa. In questo quadro è previsto il rafforzamento della collaborazione tra l’Agenzia delle Entrate, l’Istituto Nazionale Previdenza Sociale (INPS) e l’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (INAIL), che potranno inviare all’Agenzia delle Entrate segnalazioni qualificate relative a compensazioni che presentano profili di rischio, ai fini del recupero del credito indebitamente compensato.”

Limiti al denaro contante, il commercialista Lamberto Mattei: “idiosincrasia incomprensibile e dannosa”

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Roma – Con decorrerenza primo gennaio 2020 e fino al 31 dicembre 2021 il divieto per l’utilizzo del contante è fissato a 2.000 euro. A decorrere dal primo gennaio 2022 il divieto scatta a 1.000 euro. È la soglia confermata nell’ultima bozza del decreto fiscale in materia di modifiche al regime di utilizzo del contante.

La norma, spiega la relazione illustrativa, introduce modifiche volte a ridurre progressivamente la soglia. Lo fa secondo una logica transitoria spalmata sul prossimo biennio, dapprima a 2.000 euro e successivamente a 1.000 euro. Così limita le transazioni in denaro contante che possono essere effettuate al di fuori del circuito degli intermediari bancari e finanziari abilitati.

La norma vigente prevede il divieto di trasferire denaro contante e titoli al portatore in euro e in valuta estera per un valore complessivamente pari o superiore a 3.000 euro. La disposizione, si legge nella relazione tecnica, non produce nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, essendo peraltro assistita da una regime transitorio capace di neutralizzare qualsiasi effetto a regime.

“Può essere giusto incentivare i pagamenti con i sistemi elettronici – commenta il commercialista Lamberto Mattei – ma questa idiosincrasia verso il contante è incomprensibile e soprattutto dannosa per la collettività nazionale”.

Cambia il regime di tassazione per i forfettari fino a 65 mila euro torna la determinazione dei ricavi in modo analitico

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Roma – Cerchiamo di capire come stiano le cose relativamente alla flat tax. Una ricerca dello Studio Associato Sarcc di cui è founder il commercialista Lamberto Mattei evidenzia quanto segue: “il regime di tassazione agevolato e semplificato per le piccole partite Iva. La scelta del governo è definitiva, perché è messa nero su bianco nel Def, il Documento di economia e finanza, che il Consiglio dei Ministri ha varato stanotte e contiene l’ossatura della legge di Bilancio e del Decreto fiscale collegato.

Per i forfettari fino a 65 mila euro, rimane l’aliquota fissa al 15%, ma non ci sarà più il metodo presunto per determinare il reddito su cui calcolarla: l’ammontare dei costi e ricavi si otterrà in modo analitico, come avveniva in passato e come avviene per i contribuenti che non applicano questo regime.

Viene  meno dunque questa importante semplificazione che consentiva alle imprese ed ai professionisti in regime forfettario di non dover tenere libri e registri contabili e di non essere tenuti a conservare le fatture di acquisto, perché i costi venivano determinati in percentuali fisse che ora sono praticamente annullate.

Ma oltre questo si profilano altri adempimenti collegati alla legge di Bilancio, ossia l’obbligo  per queste partite Iva di istituire un conto corrente specifico e dedicato  al fine di raccogliere e gestire tutti i movimenti dell’attività svolta: così i versamenti degli incassi e i prelievi per le necessità del titolare verranno automaticamente tracciati e confluiranno nella Superanagrafe dei conti correnti. Non ci sarà più possibilità di “confusione” tra conti correnti personali e movimenti dedicati all’attività aziendale o professionale. Tutto emergerà chiaramente e subito agli occhi del Fisco.

La lotta all’evasione dunque ha prevalso sulla semplificazione: va avanti l’analiticità delle registrazioni contabili e soprattutto vengono potenziati i maggiori controlli. Nel mirino, ora, ci sono due milioni di piccoli imprenditori e di professionisti che finora erano immuni proprio grazie alla flat tax di cui ora rimane solo il nome.

Tra le altre novità che cambiano questo sistema di tassazione, c’è anche la riduzione delle soglie sull’acquisto dei beni strumentali e sui costi del personale assunto: proprio un anno fa, i vecchi limiti erano scomparsi, come quello del tetto di 5 mila euro per i compensi a dipendenti aziendali e collaboratori di studio, mentre adesso si punta a reintrodurli, ponendo di fatto uno sbarramento per chi ha personale alle dipendenze e si vedrà preclusa la tassazione agevolata al 15%.

La piccola consolazione è che la stretta non dovrebbe riguardare le startup, le nuove imprese entro i primi 5 anni di attività. Inutile dire che, come avevamo già anticipato nei giorni scorsi, il Governo ha definitivamente abbandonato l’estensione della flat tax con aliquota agevolata per le partite Iva con ricavi da 65 mila a 100 mila euro, che avrebbe dovuto costituire la “fase 2” del sistema ed entrare in vigore all’inizio del prossimo anno.”