Spesso si parla di inflazione nel contest degli andamenti economico-finanziari italiani. “Per capire bene di cosa si sta parlando – spiega il commercialista Lamberto Mattei – occorre porre attenzione sulla base che poi evidenzia il livello di inflazione, ossia gli indicatori. In macroeconomia l’inflazione (dal latino inflatio «enfiamento, gonfiatura», derivato da inflāre «gonfiare») è l’aumento prolungato del livello medio generale dei prezzi di beni e servizi in un dato periodo di tempo, che genera una diminuzione del potere d’acquisto della moneta.
L’inflazione al consumo – prosegue Mattei – è un processo di aumento del livello generale dei prezzi dell’insieme dei beni e servizi destinati al consumo delle famiglie. Generalmente, si misura attraverso la costruzione di indici dei prezzi al consumo. Si tratta di uno strumento statistico che misura le variazioni nel tempo dei prezzi di un insieme di beni e servizi, chiamato paniere, rappresentativo dei consumi delle famiglie in uno specifico anno. In particolare, l’Istat produce tre diversi indici dei prezzi al consumo: per l’intera collettività nazionale (NIC), per le famiglie di operai e impiegati (FOI) e l’indice armonizzato europeo (IPCA).” Attraverso una task di ricerca da fonti istituzionali dunque ecco spiegato il funzionamento di questi indici: § L’indice dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC) misura l’inflazione a livello dell’intero sistema economico italiano. L’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI) si riferisce ai consumi dell’insieme delle famiglie che fanno capo a un lavoratore
dipendente (non agricolo). È l’indice usato per adeguare periodicamente i valori monetari (ad es. gli affitti o gli assegni dovuti al coniuge separato).
Questi due indici vengono calcolati anche nella versione che esclude il consumo dei tabacchi. L’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) è stato sviluppato per assicurare una misura dell’inflazione comparabile a livello europeo. Infatti viene assunto come indicatore per verificare la convergenza delle economie dei paesi membri dell’Unione Europea, ai fini dell’accesso e della permanenza nell’Unione monetaria. I tre indici si basano su un’unica rilevazione e sulla stessa metodologia di calcolo, condivisa a livello internazionale. L’indice NIC e l’indice FOI si basano sullo stesso paniere, ma il peso attribuito a ogni bene o servizio è diverso, a seconda dell’importanza che questi rivestono nei consumi della popolazione di riferimento. Per il NIC la popolazione di riferimento è l’intera popolazione italiana, che conta oltre 57 milioni di persone; per il FOI è l’insieme di famiglie che fanno capo a un operaio o un impiegato. L’indice armonizzato dei prezzi al consumo ha in comune con l’indice NIC la popolazione di riferimento, ma si differenzia dagli altri due indici perché il paniere esclude, sulla base di un accordo comunitario, le lotterie, il lotto, i concorsi pronostici e i servizi relativi alle assicurazioni sulla vita. Un’ulteriore differenziazione riguarda il concetto di prezzo considerato. L’indice dei prezzi al consumo per l’intera collettività e quello per le famiglie di operai e impiegati considerano il prezzo pieno di vendita; l’indice armonizzato dei prezzi al consumo si riferisce invece al prezzo effettivamente pagato dal consumatore. Ad esempio, nel caso dei medicinali, mentre per gli indici nazionali viene considerato il prezzo pieno del prodotto, per quello armonizzato europeo il prezzo di riferimento è rappresentato dalla quota effettivamente a carico del consumatore (il ticket); l’indice armonizzato europeo tiene inoltre conto delle riduzioni temporanee
di prezzo (saldi e promozioni). Un ulteriore indice del livello generale dei prezzi è il deflatore del PIL, che consente di evidenziare, nell’ambito della variazione del PIL nominale, la componente riconducibile alla variazione dei prezzi dei beni e servizi. Esso viene calcolato come rapporto tra il valore dei beni e servizi nell’anno considerato e il valore che gli
stessi avevano in un anno precedente assunto come termine di riferimento. Si differenzia dagli indici dei prezzi al consumo in quanto: a) non considera i beni
prodotti all’estero; b) non fa riferimento ad un paniere costante di beni, ma alla produzione corrente. Più in generale, il deflatore è un indicatore implicito dei prezzi che viene calcolato mediante il rapporto tra due grandezze concernenti il medesimo aggregato economico (produzione, consumi, investimenti, importazioni, esportazioni…) misurate l’una in termini nominali (a moneta corrente) e l’altra in termini reali (a moneta costante). Il tasso di inflazione programmata rappresenta il tasso di inflazione fissato nel Documento di programmazione come valore di riferimento per l’anno successivo. Tale tasso viene indicato in relazione all’indice generale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati (FOI), esclusi i tabacchi. Il tasso di inflazione programmata rappresenta il parametro di riferimento per la definizione degli aumenti salariali nella contrattazione nazionale (sono peraltro previsti meccanismi successivi di adeguamento degli aumenti di salario nel caso in cui si registri, per un periodo significativo, un’inflazione effettiva superiore a quella programmata).
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