Roma – Molti sono gli aspetti che all’indomani dell’applicazione della norma che ha introdotto la fattura elettronica, fanno i conti con una realtà che è ben diversa da quella legislativa. Nel merito di un problema che sta riguardando moltissime categorie interessate il commercialista Lamberto Mattei, ha voluto approfondire i vari aspetti unitamente alla dr.ssa Doriana Sannipola.
“E’ indubbio che esiste una differenza sostanziale tra il processo di fatturazione elettronica tra privati rispetto a quella verso la pubblica amministrazione. La differenza sostanziale sta proprio nella possibilità data alla pubblica amministrazione di rifiutare la fattura elettronica emessa dal cessionario committente.”
Tale disparità di trattamento viola il principio di uguaglianza tra cittadini di fronte alla legge introducendo una forma di discrimine in campo economico tra pubblico e privato (Art. 3 Cost.).
Infatti, nel processo di fatturazione verso l’amministrazione pubblica, viene data la possibilità a quest’ultima di rifiutare la fattura, nel caso sia non corrispondente con quanto pattuito in sede contrattuale tra fornitore e l’amministrazione stessa o ci fossero degli errori nel contenuto della fattura stessa.
Transitando nell’intero processo di fatturazione PA nello SDI, in caso di rifiuto della fattura da parte della pubblica amministrazione, al fornitore viene recapitata una notifica attestante l’esito negativo del processo di emissione ed acquisizione della fattura stessa che pertanto viene considerata non emessa.
Al contrario, in un modo che si potrebbe definire sleale e discriminatorio, nel processo tra privati non è riconosciuta nessuna possibilità di rifiutare la fattura elettronica ricevuta nello SDI.
Nel caso in cui si riceva una fattura falsa (per truffe operate in rete), inesistente, sbagliata o dai contenuti che non corrispondono a quanto pattuito con la controparte, sarà necessario richiedere l’emissione di una nota di credito a storno totale o parziale della fattura con emissione di eventuale successiva fattura corretta. Ma nel caso di truffe in rete, come già stanno avvenendo dall’introduzione della FE B2B, ciò diviene praticamente impossibile.
Tutto il processo di correzione si deve svolgere al di fuori del SDI: solo la nota di credito e la eventuale fattura corretta transiteranno per lo SDI.
La fattura ricevuta e considerata errata dovrà essere registrata solo nel caso in cui l’operazione esista.
Per esempio, se si riceve una fattura in merito ad una cessione di beni effettiva, dove viene contestato il prezzo indicato in fattura, la stessa andrà registrata comunque in attesa di ottenere la nota di credito a storno totale e la fattura emessa correttamente.
Se, invece, la fattura ricevuta rappresenta un’operazione soggettivamente o oggettivamente inesistente siamo di fronte ad un caso di “fattura falsa” che non dovrà essere assolutamente registrata anche se con i nuovi sistemi di importazione digitalizzata dei dati negli archivi contabili aziendali tale errore diviene probabile ed anche penalmente rischioso.
Ciò purtroppo già si sta verificando per cui le aziende devono fare molta attenzione alla tipologia di fatture che ricevono attraverso lo SDI ed alle operazioni di importazione nei propri gestionali.
Nel caso in cui non si ottenga la correzione della fattura errata, il cessionario dovrà attivare la procedura prevista dall’art. 6, co. 8, D.Lgs. 471/1997, previo versamento della maggior imposta eventualmente dovuta.
Ciò consiste nell’emissione di una autofattura elettronica (e nel XML andrà indicato alla voce Tipo Documento TD20). Il cessionario che non regolarizza tale omissione entro 30 giorni dall’operazione è punito a sua volta con una sanzione pari al 100% dell’IVA, con un minimo di 250 euro.
Si auspica che tale disparità di trattamento tra pubblico e privato, in violazione delle norme costituzionali e che costituisce anche un ostacolo di ordine economico, con aggravio di spese amministrative nella gestione della fatturazione elettronica tra privati, venga sanata quanto prima.