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Febbraio 2019

Il commercialista Lamberto Mattei nominato tesoriere di Sdebitalia, per la difesa dei cittadini dalle prepotenze bancarie

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Roma  – Il commercialista Lamberto Mattei, founder dello Studio Sarcc di Roma, è stato nominato ufficialmente tesoriere di Sdebitalia, una nuova associazione di grande interesse pubblico che si è recentemente costituita a Roma. Se ne è parlato anche alla Camera dei Deputati, al convegno che lo stesso commercialista dott. Lamberto Mattei ha organizzato sulle tematiche dello Sviluppo d’impresa. Presidente di Sdebitalia è stato nominato Gilberto Di Benedetto. “La mission di questa initiativa – spiega il commercialista Lamberto Mattei – si riconduce ad una serie di concetti relativi allo sdebitismo così come rappresentata dall’ideologo professor Antonio Vento. Siamo in una situazione conomico finanziaria abbastanza critica, ed è il momento di porsi concretamente al fiano dei cittadini interessati da vessazioni nei rapporti intercorrenti con determinate banche. Troppi risparmiatori hanno subito danni patrimoniali e per questo non hanno possibilità di difendersi e di agire. Sdebitalia vuole essere dunque un tassello importante di riferimento per questo delicato settore, che oltre ad aspetti economici delle famiglie e delle aziende, coinvolge sfera emotiva, psicologica e molti altri aspetti negativi. “

“L’Associazione – spiega il presidente  Di Benedetto in una nota –   ha messo in atto una organizzazione che partendo dall’individuazione delle fondamenta ideologiche dello sfruttamento risale verso i bisogni delle vittime delle banche fino ad individuare le strategie utili per sostenere gli utenti disagiati, che precipitano in situazioni di grave crisi economica e, di conseguenza, nel baratro esistenziale. Noi sappiamo con certezza che il capitalismo, a causa della sua voracità sociale, si è accanito sempre più sugli utenti con lo sfruttamento dei risparmi e con le strategie finanziarie il cui fine è solo quello di difendere gli interessi dei grandi gruppi finanziari e di garantirsi uno stato di privilegio sociale per i manovratori del denaro privato. Il nostro obiettivo è quello di ridimensionare e di abbattere, dove sia possibile, il debito che i risparmiatori hanno con le banche.
 Lo SDEBITISMO è il fine che ci poniamo, offrendo consulenza legale, finanziaria e, dove serve, anche sanitaria e psicologica. Ci poniamo l’obiettivo di intervenire anche a livello politico per abbattere le incongruenze e le ingiustizie esercitate dalle banche e dalle finanziarie sui cittadini che hanno dei debiti con le banche o che hanno bisogno di prestiti (microcredito) per superare alcune difficoltà nella gestione della famiglia e delle piccole e medie aziende. Finora lo stato ha consentito alle banche di intervenire con accanimento sui cittadini finiti in situazioni di crisi e di disagio sociale. E’ nei momenti di difficoltà che lo stato deve tendere una mano ai cittadini offrendogli aiuti concreti e solidarietà umana. L’economia del paese può risollevarsi solo col rilancio del lavoro e della ricerca e per questo è necessario ridimensionare gli interessi e dove vengono meno le risorse, spesso a causa di una recrudescenza fiscale e punitiva, lo stato deve imporre alle banche e alle finanziarie un comportamento solidale riesaminando lo stato degli accordi contrattuali tra banche e utenti.
 Un comportamento fiducioso tra istituzioni, banche e cittadini rappresenta l’unica via di rinascita economica e produttiva del nostro paese; diversamente ci avvieremo verso stati di frattura sociale che renderanno sempre più impraticabile la convivenza e lo sviluppo della vita nel nostro paese e in Europa.”

Fattura elettronica, il commercialista Lamberto Mattei: “a rischio i know-how delle aziende”

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Roma – 20 Gen 2019 – La fatturazione elettronica, a pochi giorni dalla sua applicazione è già diventata un incubo. Uno studio approfondito sulla tematica che chiarisce dubbi in lungo ed in largo sia sotto il profilo giuridico, che sotto il profilo tecnico arrivano da una relazione depositata da Lamberto Matteidottore commercialista e responsabile del Popolo delle Partite Iva a livello nazionale e coadiuvato dai responsabili del Popolo Partite Iva di Roma Capitale dr. Walte Cillaroto  e dalla dott.ssa Doriana Sannipola.  I tre, in linea con la mission della organizzazione associativa costituita per difendere ad ampio raggio le partite Iva italiane, hanno provveduto con questa relazione a fornire elementi utili e cognitivi purtroppo sconosciuti alla maggior parte degli italiani. “Riteniamo doveroso – spiega il commercialista Lamberto Mattei – intervenire su una tematica di grande interesse sociale che sta condizionando la vita di molte aziende/imprese e che rischia di mettere a repentaglio strategie aziendali rilevanti. Il sistema, infatti, non tiene conto di diverse esigenze poichè la normativa non è stata preceduta da valutazioni economico-finanziare adeguate, ma solo da mera teoria. Intendiamo pertanto – conclude Mattei – essere vicini alle aziende, con la nostra task force di approfondimento con lo scopo di fornire elementi cognitivi di pubblico interesse”.  Di seguito il testo della relazione:

La fatturazione elettronica viola il D.Lgs. 11/05/2018, n.63, con il quale è stata data attuazione alla Direttiva UE 2016/943 sulla protezione del Know-how e della tutela dei segreti commerciali. L’art. 98 del D.Lgs. 10 febbraio 2005, n.30 sulla proprietà industriale è stato modificato dall’art. 3 del D.Lgs. 63/2018 che ha ridefinito la natura dei segreti commerciali ed ha individuato tutte quelle informazioni aziendali (industriali e commerciali) oggetto di tutela. La violazione è contenuta nell’art. 6 che ha modificato l’art. 124 del citato D.Lgs. 30/2005 introducendo l’art. 6-bis che va a definire le tipologie di rilevazioni illecite dei segreti commerciali. Alla lettera a) del suddetto articolo si fa riferimento al VALORE ed alle CARATTERISTICHE SPECIFICHE dei segreti commerciali, dove per valore si può far riferimento al listino prezzi praticato da un’azienda, laddove il listino venga comunicato a terze parti che lo possono utilizzare per ottenere vantaggi in termini di concorrenza (abbassare i prezzi), ma anche comunicare  il dettaglio dei clienti (proporre gli stessi articoli agli stessi clienti forniti da terze parti illecitamente attraverso appunto le varie case software che gestiscono  oggi la fatturazione elettronica) ma anche per il flusso dei dati che transita attraverso i canali web. Fornire illecitamente la tipologia dei prodotti venduti, la componentistica di un bene composto come un macchinario, tempi di montaggio dello stesso (esperienze tecnicoindustriali), ecc, tutte informazioni che liberamente sono accessibili a terze parti grazie alla fatturazione elettronica. Infatti nei contratti stipulati dalle aziende, in molti casi meri moduli d’ordine con rimandi alle condizioni contrattuali presenti sui siti internet delle stesse case software, non sono state rinvenute clausole a salvaguardia in tal senso se non meri richiami al Regolamento UE 2016/679 sulla Privacy riguardante i dati sensibili delle persone fisiche che nulla hanno a che vedere con gli effettivi dati da tutelare.

All’art. 7 del citato D.Lgs. 63/2018 si legge altresì che il giudice, in caso di procedimenti per rilevazioni illecite, deve tenere conto di una serie di circostanze  e l’impresa danneggiata deve dimostrare di avere posto in atto tutte le misure idonee a garantire la sicurezza dei dati e/o segreti commerciali, facendo sicuramente sottoscrivere contratti, misure tuttavia che sono messe a rischio dalla fatturazione elettronica in quanto il flusso elettronico dei dati dalle imprese allo Stato attraverso le case software, le banche, sistemi come Aruba, che oggi offrono lo stesso servizio, non sarà garanzia di tutela dei dati delle imprese italiane (informazioni commerciali/industriali che rigorosamente vanno tutelate). Solo il giudice ordinario può stabilire se ci sia stata violazione e quindi diffusione illecita di informazioni commerciali/industriali, ma sappiamo quanto è difficile provare che certi reati siano stati commessi, soprattutto attraverso la rete internet laddove non si utilizzino sistemi crittografati che comunque non sono totalmente sicuri.

In molte condizioni contrattuali delle maggiori case software rinvenibili sui siti delle stesse si legge anche che la gestione del servizio può essere anche appaltata a terze parti (esempio di clausola rinvenuta su un contratto di una delle maggiori case software italianeil cliente autorizza il fornitore e produttore a subappaltare e/o sub affittare a terzi, in tutto o in parte, l’esecuzione delle attività previste dal presente contratto, fermo restando che le attività svolte dal cliente sono da intendersi come realizzate dal produttore, rimanendo il fornitore/produttore l’unico interlocutore con il cliente per le attività subappaltate o subaffittate”).

Peraltro anche l’Agenzia delle Entrate non gestisce direttamente il servizio di fatturazione elettronica essendo lo stesso appaltato a terze parti ma che comunque garantisce sistemi URL e che utilizza sistemi crittografici.

L’unica possibilità che hanno oggi le aziende italiane è sicuramente quella di fornire il minor numero di informazioni possibili ai loro provider che gestiscono la fatturazione elettronica (invio/ricevimento fatture trasmesse attraverso il SDI). Peraltro molti provider sensibilizzati sul problema stanno fornendo soluzioni in tal senso. Tuttavia più il dato sarà sintetico più il fisco italiano riceverà informazioni di nessuna utilità per promuovere la lotta all’evasione fiscale, molti dati potrebbero risultare incomprensibili e saranno anche disaggregati.

Inoltre l’innalzamento della soglia di accesso ai regimi fiscali di favore, per il quali non vi è obbligo della fatturazione elettronica, ha portato sicuramente molti contribuenti a dichiarare un volume di affari 2018 sotto i 65 mila euro e che faranno di tutto per rimanere sotto tale soglia nel 2019 e negli anni a venire.

Quindi, in Italia, l’introduzione della fatturazione elettronica dal 2019 arricchisce esclusivamente le case software, ed altri operatori che hanno investito sul nuovo business come le banche ed i provider Internet, non apportando vantaggi per lo Stato ma piuttosto andando ad incentivare ulteriormente l’evasione fiscale, ma soprattutto mette a rischio il nostro sistema produttivo in evidente violazione del D.Lgs. 11/05/2018, n.63, con il quale è stata data attuazione alla Direttiva UE 2016/943, e che porterà l’intero sistema produttivo sotto il controllo di terze parti.

Mai il sistema europeo metterà a rischio il proprio Know-how ed i segreti commerciali e se lo farà metterà a rischio l’intero sistema Europa che finirà sotto il controllo delle grandi multinazionali che oggi detengono il potere in quanto tenutarie delle informazioni che transitano nel web e che ne gestiscono anche le impostazioni di sicurezza.

Per questo l’Europa in prima battuta ha respinto l’autorizzazione all’introduzione della fattura elettronica in Italia per poi, a seguito di una ulteriore richiesta, autorizzarla per un periodo iniziale di quattro anni.

Inoltre l’introduzione della fattura elettronica in Italia potrebbe anche determinare una riduzione delle commesse da parte dei clienti esteri proprio per scongiurare la diffusione di informazioni protette dalla Direttiva UE 2016/943 e non tanto dalla Direttiva UE 2016/679 sulla Privacy mettendo a rischio ancora di più il nostro PIL.

L’Italia è un Paese dove il tessuto economico è rappresentato per il 90% circa dalla micro impresa.

Le imprese con volumi che non superano i 2 milioni di Euro hanno due possibilità per sfuggire alla morsa del controllo che scaturirà dalla FE:

1) Se sotto i 65 mila Euro di affari, sfruttare l’esonero dall’adempimento previsto dalla legge;

2) Se sopra i 65 mila Euro e fino a 2 milioni di Euro, optare per il CASH ACCOUNTING IVA introdotto con il “Decreto Crescita” art. 32-bis D.L. 83/2012, convertito con modifiche dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 a seguito della Direttiva 2006/112/CE come modificata dalla Direttiva 2010/45/UE del 13/07/2010 e ciò al fine di gestire IVA e la redditività per cassa (fino ai limiti consentiti), vanificando, almeno in parte, quel controllo che si vorrebbe imporre sulle dinamiche di fatturazione e sulla determinazione del debito IVA attraverso una liquidazione della stessa imposta d’ufficio (opzione da esercitare sulla dichiarazione IVA 2020).

Organi di controllo nelle società a r.l., i rischi tributari e stato dell’arte. Intervista al commercialista Lamberto Mattei

By | Economia e finanza | No Comments

La scadenza è stata fissata a novembre per i decreti attuativi della disciplina di riforma dell’organo di controllo nelle società a r.l.: con la legge n. 155 del 19 ottobre 2017 sono stati estesi i casi di nomina obbligatoria, con nuove soglie e maggiori tutele per i soci.

Roma – Molte le incertezze per tante società a r.l. che cercano di dipanare la matassa degli organi di controllo introdotti per l’appunto nel 2017. Una confusione che regna sovrana a livello normativo-applicativo che riguarda misure adottate dal Parlamento con delega al Governo per la riforma della disciplina del settore crisi di impresa e insolvenza, su cui ricadono i rischi tributari. Su questo tema, abbiamo voluto sentire il commercialista Lamberto Mattei founder dello Studio Sarcc di Roma, da sempre in trincea per approfondire, capire e mettere a disposizionedelle aziendeimprese e professionalità ulteriori strumenti di approfondimento.

“L’organo di controllo nelle s.r.l. – spiega il commercialista Lamberto Mattei in una intervista rilasciata ai media nazionali – è un tema riguardante la disciplina civilistica interessata a breve a diversi mutamenti contenuti nello schema di decreto legislativo recante il “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza”, in attuazione della L. 155/2017, oltre a quelle riguardanti la generalità delle società. Nel caso di una singola società è previsto l’organo di controllo mentre nei casi di più società nei gruppi di imprese è prevista la figura del revisore.

D: Da ciò si desume che lo Stato voglia applicare le normative della pubblica amministrazione alle società private?

  1. Il punto di partenza è stato sicuramente mirato ad evitare, ove possibile, una confusione gestionale nei casi digestionedi impresa. Tanti, troppi amministratori unici, consigli di amministrazione hanno portato al fallimento o sull’orlo del precipizio società ed imprese a causa di una gestione dissennata e non approfondita. I commercialisti, in diversi casi purtroppo non essendo aggiornati sulle normative hanno contribuito anche loro parimenti a generare caos e problemi. Il governo dunque ha voluto mettere un riparo, ma restano tutti gli interrogativi e i dubbi sull’ìter procedurale da seguire e che stiamo per l’appunto studiando approfonditamente”.
  2. Lei dottor Mattei quale commercialista esperto di settore ha creato una task force di approfondimento su diverse normative di grande interesse
  3. Ritengo che oggi più che mai sia necessario agire in sinergia tra professionisti, ma soprattutto uno studio professionale ha il dovere di prevenire l’insorgenza di problematiche che nel caso di società a r.l. potrebbero diventare rilevanti, quindi cerchiamo con i nostri approfondimenti mirati di capire prima tutto, con le simulazioni delle varie ipotesi attuative della legge, che ricordiamo è sempre ad interpretazione.
  4. Lesocietàa r.l. rispetto a questa legge sono un pò nel pallone, come può essere riassunta questa situazione?
  5. Abbiamo elaborato una relazione che ci consente di avere un quadro rispetto all’attualestato dell’arte. Dobbiamo tener conto che le evoluzionilegislative subiscono variazioni anche con la politica che potrebbe avere indirizzi di governo diversi oggi, rispetto a quanto pianificato ieri.
  6. Dobbiamo quindi aspettarci modifiche sostanziali?
  7. Non credo si stravolga il tutto, ma il nostro compito è quello di monitorare costantemente lenormativeche seguono ed i passaggi formali riguardanti i decreti applicativi. Nel contempo siamo in grado allo stato attuale di fornire ogni elemento e valutazione su singole società, gruppi imprenditoriali ed altri settori.
    Questo comunque il sunto del nostro approfondimento:

Si evidenzia che quanto stabilito dal combinato disposto degli artt. 3 comma 2 e 374 comma 2 dello schema di DLgs. sia in vigore dal 30° giorno successivo alla pubblicazione dello stesso nella Gazzetta Ufficiale. A partire da tale data, l’imprenditore, operante in forma societaria o collettiva, dovrà istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale.

Nel caso specifico della srl, l’art. 376 comma 4 dello schema di decreto riformula l’art. 2475 comma 1 c.c., in forza del quale la gestione dell’impresa si svolge nel rispetto dell’art. 2086 comma 2 c.c. e spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale: salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo, l’amministrazione della srl è affidata a uno o più socicon decisione dei soci, presa ai sensi dell’art. 2479 c.c.
Sulla predetta adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile, dovrà, naturalmente, vigilare l’organo di amministrazione, in virtù di quanto prescritto dal comma 6 dell’art.2475 c.c. – introdotto dall’art. 376 comma 5 dello schema – che impone l’applicazione dell’art. 2381 c.c., in quanto compatibile.

Il successivo art. 377 comma 1 dello schema di DLgs. dispone, invece, l’operatività dell’art. 2394 c.c., mediante l’introduzione di  uno specifico comma nell’art. 2476 c.c., secondo cui:
– gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale;
– l’azione può essere proposta dai creditori, quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti;
– la rinuncia all’azione, da parte della società, non impedisce l’esercizio dell’azione a cura dei creditori sociali. La transazione può essere impugnata dai creditori sociali soltanto con l’azione revocatoria, qualora ne ricorrano gli estremi.

Le principali novità per le società a r.l.  sono comunque contenute nell’art. 378 dello schema – anch’esso applicabile dal 30° giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta del provvedimento(art. 388) – che sostituisce il comma 3 dell’art. 2477 c.c., estendendo i casi di nomina obbligatoria dell’organo di controllo (sindaco unico o collegio sindacale) o del revisore a quello della società a responsabilità limitata che ha superato, per due esercizi consecutivi, almeno una delle seguenti soglie:
– 2 milioni di euro di totale dell’attivo patrimoniale;
– 2 milioni di euro di ricavi delle vendite e delle prestazioni;
– 10 dipendenti occupati in media durante l’esercizio.

In conclusione- spiega il commercialista Lamberto Mattei – con la legge numero 155 del 19 ottobre 2017, il Parlamento ha delegato il Governo alla riforma della disciplina relativa alla crisi d’impresa ed all’insolvenza, con inevitabili risvolti tributari. Il testo prevede anche una serie di modifiche importanti che riguardano l’organo.  di In particolare, all’articolo 14 sono indicate una serie di modifiche anche al codice civile, per le quali dovranno essere emanati per la loro attuazione i relativi decreti attuativi nel termine di 12 mesi dall’entrata in vigore avvenuta il 14 novembre2017. Ad oggi tali decreti non risultano ancora emanati (o in corso di emanazione). La delega in concreto abbassa le soglie previste per la nomina obbligatoria dell’organo di controllo o del revisore delle Srl, e di conseguenza amplia i soggetti che potranno ricoprire tale incarico; inoltre interviene per regolare la mancata nomina dell’organo di controllo, attribuendo ai soci delle S.r.l.il potere di denuncia al Tribunale per gravi irregolarità degli amministratori.